La prima sterzata decisa a sinistra del nuovo governo giallorosso potrebbe essere la cancellazione del Jobs Act e il ripristino dell’Articolo 18. A premere sul nuovo ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, tra gli altri, ci sono Pier Luigi Bersani e Maurizio Landini. La Cgil ha raccolto più di un milione e mezzo di firme per la riattivazione ed estensione dell’articolo dello Statuto dei Lavoratori che tutela i dipendenti licenziati illegittimamente, e nelle scorse settimane era stato proprio il segretario del sindacato a presentare in Parlamento una proposta di legge di iniziativa popolare.
Una proposta che vedrebbe d’accordo il nuovo ministro in quota Cinque Stelle, che sarebbe pronta a smantellare la riforma bandiera del governo Renzi e a cambiare le norme sui licenziamenti. A fare un passo indietro sul Jobs Act, secondo Il Giorno, sarebbero d’accordo non solo i Cinque Stelle ma anche i deputati fedeli al segretario Zingaretti e la sinistra di Leu. Un fronte che, si mormora all’interno della maggioranza, potrebbe avere la meglio anche sui renziani che sono pronti a battersi a difesa del provvedimento.
La strada più verosimile, però, considerata la predominanza dei fedelissimi di Renzi nei gruppi Pd alla Camera e al Senato, è quella dello smantellamento parziale della riforma sulla base delle sentenze che negli ultimi mesi hanno sconfessato la riforma renziana. Ad esempio, ipotizza lo stesso quotidiano, sul tema dei licenziamenti collettivi.
Sul piano di quelli individuali, allo stesso modo, si potrebbe ricorrere ad un provvedimento che abolisca i parametri attualmente in vigore, lasciando totale discrezionalità ai giudici, che sul tema delle indennità hanno già smontato l’architettura del Jobs Act con una sentenza della Corte Costituzionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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