Il Grande Fratello di Erdogan sul web Tutti sotto controllo

Chi trasmette deve far verificare dati e contenuti. Netflix compresa

Il Grande Fratello di Erdogan sul web Tutti sotto controllo

Atene - Non solo Netflix rischia la censura a causa del nuovo grande fratello che in Turchia Erdogan vuole applicare a internet. Ma i dati di cittadini, imprese e agenzie di stampa online, così da creare un mega controllo praticamente su tutto. Dopo la crociata contro social network, omosessuali, sportivi e attori ecco la longa manus del presidente su ciò che c'è di più libero nel mondo occidentale: la rete.

Il parlamento ha detto sì al nuovo e immenso potere nelle mani del network nazionale radiofonico e televisivo Rtuk per sorvegliare tutti i contenuti online, comprese le piattaforme di streaming. Il regolamento, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Turchia giovedì, impone a tutti i fornitori di contenuti online di ottenere la licenza di trasmissione da Rtuk, che supervisionerà quindi il contenuto pubblicato dai fornitori. In assenza di quel via libera non vi sarà possibilità di trasmettere. Ovviamente il nulla osta comprenderà anche un controllo diretto su ciò che «passa» dai cavi sotto il territorio turco. Insomma, una nuova mancanza di libertà per player mondiali dello streaming come il gigante Netflix, o altre piattaforme locali come PuhuTV e BluTV, che negli ultimi anni hanno prodotto spettacoli popolari.

C'è chi parla di grande passo nella storia della censura turca, dal momento che chiunque produca notizie e trasmissioni alternative sarà ovviamente orientato dal nuovo regolamento, ogni notizia contro il governo sarà messa sotto controllo e quindi potenzialmente influenzata prima di essere diffusa. Lo scorso anno il paper redatto dal Free Journalists Initiative riportava i dati dei giornalisti arrestati: 189 in due anni. Chiuse almeno 50 testate, tra online e cartaceo; ritirato il tesserino dell'ordine ad almeno 100 giornalisti. Senza dimenticare la recente denuncia del sindacato della stampa turca contro un gruppo di esperti filo-governativi che lavorano con i media stranieri, impegnati in una sorta di contaminazione di notizie per ammorbidire la comunità internazionale.

La mossa del sultano va a ingrassare le file delle condotte illiberali contro la rete, principale bersaglio: in Turchia sono quasi 250mila i siti internet oscurati da misure ad hoc dell'amministrazione, azzoppata due mesi fa per la prima volta in occasione delle elezioni locali e fortemente in ansia anche per via della geopolitica e dei malumori interni. L'inner circle erdoganiano non è più così solido come in passato. Se fino a quattro anni fa tutte le mosse e le contromosse del presidente venivano ammortizzate dal gruppo dirigente, dallo scandalo delle tangenti che coinvolse anche suo figlio, ai massacri di Gezi Park passando per il golpe farlocco del 2016, ora la situazione è cambiata. Due nomi di peso come l'ex presidente della Repubblica Gul e l'ex premier Davutoglu hanno fatto trapelare all'esterno del Paese un certo distacco dal modus erdoganiano.

La stessa comunità internazionale è particolarmente preoccupata per le mosse di Ankara, dalla crisi del gas a Cipro alla nuova centrale nucleare ad Antalya, dalle mire turche in Siria alla crociata contro i curdi, dall'acquisto del sistema S-400 russo. Nel mezzo la spada di Damocle della lira turca, ancora sotto osservazione per la recessione.

Ma Erdogan pare non curarsene e proprio mentre Fitch declassa il credito a lungo termine di 12 banche turche verso BB-, spende 13 miliardi di dollari per farsi in casa il sosia del caccia americano stealth F-35, dopo il drone made in Turkey.

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