"Gruppo d'azione nato tre anni fa. Sempre impuniti"

Ecco la denuncia dell'ex compagna di un militare

"Gruppo d'azione nato tre anni fa. Sempre impuniti"

Lo chiamavano «il Gruppo d'azione». Era la squadra dei carabinieri criminali, scheggia impazzita all'interno della gloriosa Arma milanese. A raccontarlo, nella denuncia alla base dell'inchiesta della Procura milanese, è l'ex compagna di Arturo Pacini, appuntato, il principale indagato. Una storia d'amore nata nel mondo parallelo della Milano notturna, e approdata a uno scontro furibondo per l'assegnazione dei figli. Chiamati a scegliere, i servizi sociali affidano i ragazzi a Pacini: come non fidarsi di un carabiniere? Il tribunale si adegua. Ma ora si scopre che Pacini aveva una doppia vita. E con lui gli altri del «Gruppo d'azione».

Pacini, racconta la donna, era l'uomo di fiducia del comandante dei carabinieri a Palazzo di giustizia: Paolo Ruffino, un protagonista della lotta al terrorismo. Ma appena accompagnato il comandante a casa, iniziava la seconda vita. «Arturo Pacini iniziò a raccontarmi tutta la storia e le vicende del loro gruppo d'azione, creato proprio da lui almeno tre anni prima che ci conoscessimo. Facevano parte del gruppo lui, Tavolone (che prima di entrare nella sezione di Polizia giudiziaria era a Verona e poi alla stazione Duomo), Gerry, il maresciallo Roberto Geraci, e altri due colleghi di cui uno di Brescia o Bergamo alto quasi due metri. L'azione del gruppo consisteva nel simulare perquisizioni e sequestri a carico di pregiudicati o comunque persone che non lavoravano completamente nel lecito: le informazioni venivano ricavate/captate direttamente negli uffici di polizia giudiziaria». «Il fulcro di tutto il gruppo e ogni singola azione era proprio Arturo Pacini essendo il più calmo, freddo e meticoloso di tutto il gruppo», si legge nel memoriale-denuncia. E la squadretta non si limitava a inventare perquisizioni per svuotare le case: «A quanto riferitomi da Pacini, Tavolone e l'altro collega di Bergamo avevano iniziato a perpetrare rapine in maniera autonoma anche a travestiti e transessuali che peraltro frequentavano anche per scopi personali».

Il mercato del sesso clandestino era uno dei principali rami di attività della banda. Secondo il memoriale, l'appuntato Pacini nel tempo libero dal servizio si occupava di gestire la security di locali privati, in particolare case di appuntamento. Il suo amico e collega Roberto Geraci, stando alle dichiarazioni della donna, inizialmente gestiva la sicurezza notturna di alcuni alberghi per prostitute, in seguito l'attività si sarebbe allargata alla gestione diretta degli hotel al punto che Geraci avrebbe chiesto e ottenuto una licenza per malattia per potersi dedicare a tempo pieno al business della prostituzione.

E non è tutto. Oltre alle «finte perquisizioni e finti sequestri posti in essere dal gruppo», la ex compagna di Pacini racconta che il carabiniere le confidò di «essere in servizio presso la sezione di polizia giudiziaria di piazza Umanitaria e di occuparsi di permessi, vacanze eccetera; conosce tutti e fa piacere a tutti nel suo campo». Soprattutto Pacini si occupava di «passare informazioni alle persone interessate, riuscendo a captarle da ignari colleghi che effettuavano le indagini delegate dai vari pubblici ministeri: ad esempio la signora G.C. denunciò il suo ex compagno; il procedimento venne assegnato al pm dottor X e, sempre a dire del Pacini, un certo Alfredo (amico intimo del pm e prestante servizio alle sue dipendeze) comunicava al Pacini tutte le informazioni relative a indagini espletate ed espletande».

Quando poi Pacini e gli amici venivano destinati a portare al macero la merce sequestrata «partivano anche un'ora prima al fine di tenersi la merce da scegliere e da rivendere». Al centro di tutto, «una rete di colleghi con cui si scambia favori anche dirottando denunce e querele ovvero scambiandosi notizie in merito all'esito di alcune indagini».

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