Guarire il rancore è un dono Ma senza tweet e avvocati

Se la legge fa il suo corso e il colpevole non chiede sconti, chi ha subito un lutto può superare dolore e risentimento

Claudio Giardiello
Claudio Giardiello

Su questo tema è bene essere il più possibile piatti e senza sfumature. Per prima cosa, il perdono è il gesto più grande che un essere umano possa fare. Esso è libero e gratuito, e riguarda due soli soggetti: colui che perdona e colui a cui viene perdonato. Perciò niente dichiarazioni alla stampa, niente tweet. In secondo luogo, che un individuo colpevole di un crimine domandi scusa può andar bene, se è fatto - anche qui - personalmente. Però dev'esser chiaro fin da subito che questo non ha nulla a che vedere con i procedimenti giudiziari.

In altre parole, occorre che sia chiaro che perdonare, esser perdonati e domandare scusa non sono cose da ascrivere ai meriti di una persona, a meno che non sia Dio a farlo. Preferisco di gran lunga la vecchia formula: la giustizia deve fare il suo corso. E per farlo fino in fondo devono esserci almeno due condizioni: la prima (sulla quale non mi soffermo) è che chi amministra la giustizia la amministri per tutti: non solo assicurare che i colpevoli siano puniti ma anche che le vittime siano in qualche modo risarcite o quantomeno rispettate. Ma è l'altra condizione che m'interessa di più, ed è questa: la giustizia può fare il proprio corso solo se fa il suo corso anche nel cuore di chi ha commesso (e di chi ha subito) l'ingiustizia.

In altre parole: un assassino che si riconosce colpevole oltre che chiedere perdono (o scusa, non sottilizziamo) dovrebbe desiderare ardentemente di pagare fino in fondo il proprio debito con sé stesso, con le sue vittime, con la società e con la giustizia, senza aspettarsi sconti. Questo dovrebbe pensare, chiedere e fare un criminale. Poi la giustizia valuti nel modo opportuno, con le attenuanti del caso: ma che siano attenuanti oggettive.

Ma il perdono non può essere materia per avvocati e patteggiamenti: esso appartiene alla sfera soggettiva, alla libertà individuale, e io penso che se ne dovrebbe parlare il meno possibile sui media, perché a parlarne troppo non si fa che accrescere la confusione che già regna sovrana.

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