È guerra tra Petro padre e Petro figlio, rispettivamente il primo presidente della Colombia di sinistra Gustavo e il suo 37enne primogenito Nicolás, che ha denunciato nei giorni scorsi l'ingresso di soldi di narcos e paramilitari nella campagna elettorale vittoriosa del babbo lo scorso anno. Una guerra che richiama alla mente il grande De André. «Sparagli Petro, sparagli ora e dopo un colpo sparagli ancora» verrebbe da dire e questo ha pensato Nicolás dopo le parole di papà Gustavo appena esploso questo scandalo che fa tremare i piani più alti del potere in Colombia. «Non l'ho cresciuto io» ha detto infatti il presidente, un modo appena più elegante per esprimere il concetto «se è diventato un criminale non è colpa mia».
Dopo l'arresto, sabato 29 luglio, Petro jr ha confessato che un ex boss della droga e un uomo d'affari accusato di pagare gruppi paramilitari e pianificare omicidi, hanno finanziato la campagna del padre. Si tratta di Samuel Santander Lopesierra, alias «l'Uomo Marlboro», estradato per traffico di droga negli Stati Uniti nel 2003 e liberato nel 2021 fa dopo 18 anni di carcere e di Alfonso Hilsaca, alias «El Turco». Entrambi, ha dichiarato Nicolás alla procura, hanno dato soldi alla campagna «Petro 2022» ben oltre il limite legale e mai dichiarati alle autorità, più di 100mila dollari il primo, quasi la stessa cifra il secondo. Ieri Petro Jr, che dopo una settimana di carcere è in libertà vigilata a patto che non parli con chi ha denunciato e si presenti quando la procura lo convoca nel processo che lo vede imputato per riciclaggio ed arricchimento illecito, si è sfogato con la rivista Semana, dettagliando il dolore per la frase di papà «non l'ho cresciuto io», per lui un vero «sparo in fronte o nel cuore» per dirla alla De André. «È duro, quella frase mi ha fatto capire che non mi ama. Se non mi ha cresciuto è stato perché ha abbandonato mia madre quando ero neonato. Questa è la realtà. Non è colpa mia se quando ero in fasce è andato a vivere in Europa, lui era distante e freddo con me mentre lui era il mio supereroe».
Dopo la sua confessione pochi i dubbi che denaro illegale sia entrato nella campagna di Petro padre anche perché Nicolás avrebbe già consegnato in tribunale le prove delle donazioni illegali. Immediata la reazione della politica, soprattutto dei Verdi che minacciano di togliere l'appoggio in Parlamento a Petro, trasformandolo in un'anatra zoppa. «La testimonianza di Nicolás è una bomba che scuote le fondamenta della democrazia e mette in coma il governo che dovrà passare il resto dei suoi giorni a difendersi, le sue politiche saranno messe in discussione e scateneranno odio e frustrazioni», ha dichiarato l'ex candidato presidenziale progressista Sergio Fajardo. Il Comitato per le accuse del Parlamento, dal canto suo, ha subito fatto una denuncia per le irregolarità nella campagna Petro. A presentarla il senatore Jonathan Pulido Hernández dei Verdi che dopo la confessione di Nicolás ha detto: «Suo figlio, con le prove in mano, ha confermato all'ufficio del procuratore che la campagna presidenziale ha ricevuto denaro criminale. Chiedo un'indagine, che ogni crimine sia punito e tutti i corrotti vadano in prigione». E mentre già a inizio giugno Armando Benedetti, ex ambasciatore della Colombia in Venezuela e parte della cerchia ristretta del presidente Petro, affermava che «se avesse parlato di ciò che sapeva della campagna presidenziale tutti sarebbero andati in prigione», non stupisce che i giudici siano arrivati a Nicolás dalla sua dichiarazione dei redditi. Il primogenito dichiarava infatti 2.900 euro al mese che riceveva come deputato ma, vivendo come un sultano, ne spendeva 45.000.
Ieri Petro padre ha messo sotto contratto uno dei migliori avvocati di Bogotá ma lo scandalo rischia di travolgerlo, anche se il denaro di narcos e paramilitari fosse entrato nella sua campagna «a sua insaputa», come giurato in lacrime da Nicolás.
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