La guerra dei giudici ai decreti sicurezza. "Sono illegittimi". E il Viminale protesta. "Faremo ricorso"

Un siluro giudiziario contro il decreto sulle espulsioni accelerate

La guerra dei giudici ai decreti sicurezza. "Sono illegittimi". E il Viminale protesta. "Faremo ricorso"
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Un siluro giudiziario contro il decreto sulle espulsioni accelerate. A lanciarlo è il giudice civile di Catania che venerdì nell'udienza di convalida dei fermi per i richiedenti asilo trattenuti nel Centro inaugurato a Pozzallo ha deciso di non convalidare il trattenimento di quattro cittadini tunisini: per il magistrato la misura è illegittima nonostante il nuovo decreto varato dal governo. «La normativa interna incompatibile con quella dell'Unione va disapplicata dal giudice nazionale», scrive il magistrato, aggiungendo che «il provvedimento del questore non è corredato da idonea motivazione perché difetta ogni valutazione su base individuale delle esigenze di protezione manifestate, nonché della necessità e proporzionalità della misura in relazione alla possibilità di applicare misure meno coercitive». Ed è ancora la giudice a spiegare che, alla luce dell'art. 10 comma 3 della Costituzione italiana che garantisce comunque il diritto d'ingresso del richiedente asilo, debba «escludersi che la mera provenienza del richiedente asilo da Paese di origine sicuro possa automaticamente privare il suddetto richiedente del diritto a fare ingresso nel territorio italiano per richiedere protezione internazionale». Illegittimo, infine, chiedere la garanzia economica come sola alternativa alla detenzione. Esulta l'Associazione studi giuridici sull'immigrazione, che nella decisione vede «confermata la mancata coerenza ai principi statuiti dalla nostra Costituzione e dalla Direttiva Ue 2013» del decreto varato dal governo. Ed esulta anche l'opposizione, con Fratoianni (Avs) che vede la decisione come una conferma che il decreto «non solo è ingiusto, irragionevole ed inutile, ma è anche contro la legge», e il segretario di +Europa Riccardo Magi secondo il quale viene sancita «l'illegittimità delle decisioni del governo su tutta la linea».

Sull'altro fronte, il ministero dell'Interno avrebbe deciso di impugnare i provvedimenti del tribunale di Catania. Il dicastero, convinto della validità della norma, vuole dunque sottoporre al vaglio di un altro giudice la fondatezza dei richiami giuridici contenuti nelle decisioni, spiegano fonti del Viminale. Chiarendo che la procedura accelerata di frontiera è «già contenuta nella direttiva europea 2013/33/Ue» e «trova oggi l'unanime consenso dei Paesi europei nell'ambito del costruendo nuovo Patto per le migrazioni e l'asilo e che il governo italiano ha disciplinato nel decreto Cutro». Dal ministero si sottolinea inoltre che due dei provvedimenti di trattenimento non convalidati riguardano «due cittadini tunisini destinatari di provvedimenti di espulsioni già eseguiti (ciò nonostante rientrati nel territorio italiano)». Caustico Matteo Salvini. «Sbarcato da 10 giorni, e ricorso subito accolto dal Tribunale. Ma aveva l'avvocato sul barcone??? Riforma della giustizia, presto e bene», scrive il vicepremier e leader del Carroccio su Facebook. E Sara Kelany, responsabile immigrazione di Fdi, critica la decisione del giudice siciliano bollandola come «politica e ideologica», auspicando che le ordinanze vengano «impugnate dall'avvocatura dello Stato».

E mentre cresce la polemica per la decisione arrivata da Catania, il gip di Siracusa aggiunge carne al fuoco, scegliendo di scarcerare due uomini originari del Bangladesh, fermati nei giorni scorsi come scafisti e accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: sarebbero stati, secondo le accuse, gli uomini al timone di una barca intercettata al largo della Sicilia con a bordo 28 stranieri, in gran parte loro connazionali.

Ma i due si sono difesi spiegando al giudice di aver pagato per il viaggio e di essere stati costretti a fare gli scafisti dietro minacce di morte per i loro familiari, e hanno accusato il terzo arrestato, un egiziano, di essere il vero scafista. Una tesi che sembra ricalcare la storia di «Io capitano», il film di Matteo Garrone, e che ha convinto il gip che ha scarcerato entrambi lasciando in carcere il solo egiziano.

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