La guerriglia a Torino e quel centro sociale che imbarazza la Appendino

C'è una firma ricorrente in alcune delle piazza più violente d'Italia, è quella del centro sociale Askatasuna di Torino, che la Appendino non vuole sgomberare

La guerriglia a Torino e quel centro sociale che imbarazza la Appendino

C’è una firma ricorrente in alcune delle piazze più violente d’Italia. Una firma ricorrente nelle piazze di Torino e non solo. C’era ieri, alla testa del corteo antifascista che ha messo a ferro e fuoco la città sabauda, ma tracce della sua brutale ideologia si trovano ovunque ci siano disordini.

Si scrive Askatasuna e si legge scontri e guerriglia, bombe carta farcite di chiodi e schegge di vetro, identità camuffate da passamontagna o kefiah. Il centro sociale di corso Regina Margherita, nel cuore di Torino, è una vera e propria fucina di antagonisti. Gente che ha sempre sbandierato con orgoglio il proprio estremismo. Gente forgiata nelle valli dove il movimento no Tav la fa da padrone e capace di adattarsi ad ogni scenario, da Nord a Sud è protagonista delle manifestazioni più incandescenti. Tra loro c’è Andrea Bonadonna, 40 anni, che abbiamo visto in azione al corteo anti-G7 di Venaria. Oppure Giorgio Battagliola, 28 anni, uno degli accusati del pestaggio del brigadiere a Pesaro. E proprio a poche ore dalla manifestazione anti-CasaPound, la questura di Torino ha cercato di disinnescare il pericolo perquisendo le abitazioni di alcuni dei militanti più scalmanati e arrestandone uno, Donato Laviola, in possesso di una bomboletta di gas lacrimogeno. Il resto è storia.

La pericolosità di Askatasuna, insomma, non è un segreto. Eppure sono passati più di vent’anni dal 1996, anno in cui il collettivo “Autonomia Contropotere” occupa l’ex asilo degli Gnomi in corso Regina Margherita. Un manipolo di eredi diretti e non della ex “Autonomia Operaia” che per tanti anni ha fatto da incubatore al terrorismo rosso. Nessuno li ha mai toccati. Neanche Chiara Appendino che, da brava pentastellata, si era presentata come l’icona del cambiamento. Pur essendo vincolata allo sgombero del centro sociale da una precedente mozione, la prima cittadina si è concentrata esclusivamente sul sedicente “superamento” dell’ex Villaggio Olimpico (Moi). A quattro anni dalla sua approvazione, infatti, la mozione per il riutilizzo in chiave sociale o la vendita della palazzine occupate, promossa dall’ex consigliere comunale Maurizio Marrone, è rimasta lettera morta. “A chi accettava di mettersi in regola e interloquire con l’amministrazione comunale”, spiega oggi Marrone, “veniva data la possibilità di restare, mentre le palazzine ostaggio di antagonisti e delinquenti sarebbero andate all’asta, con l’impegno di utilizzare il guadagno per risanare il welfare”.

Non solo Askatasuna, ma anche Gabrio e El Paso sembravano di fronte ad un bivio, rinnegare i violenti o chiudere i battenti. Sembravano. E oggi a porre l’accento sulla pericolosità degli ambienti dell’antagonismo torinese, puntando il dito contro l’inerzia della sindaca, sono anche i sindacati di polizia. Pietro Di Lorenzo, segretario provinciale del Siap di Torino, ha definito “l’uso di bombe carta riempite con pezzi di ferro e chiodi” come “un atto di terrorismo”. Per il segretario della Siulp di Torino, Eugenio Bravo, “la chiusura di questi covi dove si trama per aggredire violentemente lo Stato, le leggi, le forze dell’ordine deve essere immediata”.

E aggiunge: “il sindaco deve pretendere lo sgombero e la chiusura di questi centri sociali ormai fuori controllo”. Peccato che, proprio nella sua maggioranza, l’Appendino conti più d’una consigliera fieramente appartenente ad Askatasuna.

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