"Ha tradito il Paese": 30 anni all'ufficiale spia dei russi

La sentenza del tribunale militare contro l'ex capitano Walter Biot: 19 i documenti segreti passati a Mosca

"Ha tradito il Paese": 30 anni all'ufficiale spia dei russi

Trent'anni di carcere. La condanna più pesante per spionaggio dopo la fine della guerra. Per l'ufficiale di Marina Walter Biot la pesante condanna arriva al termine di un processo in cui secondo il suo difensore Roberto De Vita, non ha avuto quasi la possibilità di difendersi, perchè tutta l'accusa si dipanava tra segreti militari e segreti Nato che in aula non potevano venire citati. Ma quanto emerso è stato sufficiente al tribunale militare di Roma per condannare l'ex capitano di Fregata. La richiesta avanzata nella sua requisitoria dal procuratore generale era ancora più pesante: l'ergastolo.

Alla condanna di ieri potrebbe a breve aggiungersene un'altra, perchè l'uomo è sotto processo anche davanti alla giustizia civile. Ad incastrare Biot, arrestato nel 2021 dai carabinieri del Ros, le riprese compiute da una microcamera piazzata nel suo ufficio. Come ricordato dall'accusa, nei video si vede Biot fotografare col cellulare una schermata di computer e documenti che poi ripone in una borsa. Erano, dice l'accusa, diciannove documenti tra riservati, riservatissimi e top secret. Tutti venduti ad un agente russo per una cifra ridicola, cinquemila euro.

Con il suo comportamento Biot avrebbe messo a rischio tanto la lotta al terrorismo islamico, tema a cui si riferiva parte dei documenti, sia il complessivo apparato difensivo navale e aereo dell'Alleanza. A ingigantire i danni causati dal tradimento dell'ufficiale, l'esplosione l'anno successivo del conflitto ucraino, che la Russia di Putin ha potuto affrontare avendo a disposizione informazioni di prima mano sulla struttura militare degli alleati di Kiev.

«C'era massima fiducia in Biot e per questo poteva muoversi in libertà ed è riuscito a fotografare quei documenti segreti», ha sostenuto la procura militare.

Il capitano in quanto «ufficiale addetto alla sicurezza» poteva muoversi con libertà quasi assoluta negli uffici dello Stato Maggiore e aveva accesso a carte di delicatezza estrema, come i rilevamenti effettuati dagli aerei-spia Awacs.

Quasi inesplorato il meccanismo mentale che ha portato l'ufficiale a vendersi ai russi per un compenso poco più che simbolico. Secondo il suo legale, Biot avrebbe agito «in un momento di profonda crisi, personale, familiare ed economica, anche a causa delle gravi condizioni di salute della figlia».

I documenti consegnati ai russi, sempre secondo il difensore, «non hanno messo in alcun modo a repentaglio la sicurezza dello Stato». Versione non condivisa dai giudici che avevano confermato il suo arresto, che lo avevano dipinto come un traditore «senza scrupoli», con caratteristiche di «estrema pericolosità». La sua attività in favore di Mosca non era, scrissero i giudici, «nè sporadica nè isolata».

Dopo

l'arresto di Biot erano stati espulsi dall'Italia due diplomatici dell'Ambasciata russa di Roma, individuati come interlocutori dell'ufficiale. Per ritorsione poco dopo Mosca aveva cacciato un funzionario consolare italiano.

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