La Harris vince ai punti ma manca il colpo del ko. E sugli immigrati annaspa

La vice punzecchia il rivale sui processi. Recita un copione senza passione

La Harris vince ai punti ma manca il colpo del ko. E sugli immigrati annaspa
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Per vincere, e convincere, Kamala Harris aveva un'unica strada. Doveva mettere a segno la prima stoccata e poi giocare di rimessa spingendo The Donald ad avvitarsi in una furia fuori controllo. E questo le è riuscito benissimo. Ma di certo non è riuscita a spiegare quali siano le differenze tra lei e l'anziano Joe Biden. E tanto meno come voglia mettere una pezza ai disastri creati dall'inflazione. O, peggio, come si proponga di fronteggiare l'immigrazione l'unico dossier di cui si è occupata concretamente, e disastrosamente, nel suo ruolo da vicepresidente.

Ma partiamo dall'inizio. Kamala spalle dritte e passo deciso scende nell'arena e guadagna il palco di Trump allungandogli una mano che il vicepresidente, preso di sorpresa, stringe in in modo moscio ed esitante. Una stretta ben diversa da quella «tritaossa» che l'imponente avversario ha riservato in passato a leader internazionali o avversari politici. In quel colpo di teatro, in quella capacità di disinnescare l'esuberante energia del rivale si cela la strategia che cambia il corso del duello. Con quell'affondo Kamala, ancora sconosciuta a tanti americani, si trasforma nel gladiatore capace di conquistare il grande pubblico e trasformare in un déja vu il consueto teatrino di Trump. Ma quel primo fendente è anche il prologo di una battaglia combattuta non solo a colpi di battute e accuse, ma anche di ammiccamenti, mezzi sorrisi e sguardi compassionevoli. Quanto basta per far perdere il controllo a un Trump incapace di gestire persino argomenti come quello a lui caro dei crimini commessi dai migranti irregolari. «Bene, questo è decisamente un argomento ricco», ribatte Kamala ricordando le condanne collezionate da Trump nel processo contro la pornostar Stormy Daniels e le inchieste sull'assalto a Capitol Hill. Con questa strategia la candidata democratica riesce a eludere tutti gli argomenti sui cui è in difficoltà costringendo Trump a uscire dal seminato e a improvvisare risposte arruffate che gli costano i richiami dei giornalisti, non proprio imparziali messi a condurre il dibattito. E così per riportare il tema sui migranti «The Donald» non trova di meglio che rilanciare la leggenda urbana degli animali domestici trafugati e trasformati in arrosto dai migranti che popolano l'Ohio. Un uscita che gli costa un cartellino rosso e regala altri punti a Kamala. E a moltiplicare il vantaggio della vice-presidente contribuisce la velenosa battuta sui sei fallimenti inanellati dall'imprenditore Trump nonostante un eredità paterna da «quattrocento milioni di dollari allungati su un piatto d'argento». Così mentre l'attacco dell'avversario si fa incoerente l'ex-procuratore generale della California - famosa per la meticolosità con cui preparava i processi - sfrutta al meglio il lavoro di paziente preparazione condotto nelle stanze del suo hotel di Pittsburgh. Ma l'incapacità di improvvisare e sorprendere, dote fondamentale per un candidato alla Casa Bianca, è evidente in quasi tutte le argomentazioni della Harris. Pur riuscendo a spiazzare l'avversario la vice di Biden sembra recitare il decalogo del buon candidato democratico, senza mai metterci un tocco d'autentica passione. L'unica stoccata sentita, e non recitata, è quella con cui condanna le limitazioni al diritto d'aborto imposte dai giudici della Corte Suprema nominati durante l'amministrazione Trump. «La sopravvissuta a un crimine, a una violazione del proprio corpo non ha più il diritto di decidere cosa ne sarà del suo corpo. Questo è immorale», esclama la Harris con un tono che, per una volta, tradisce una minima dose di empatia emotiva. E questo resta il grande problema di Kamala.

Nell'America sempre più divisa e sempre più dominata dai «social» conquistare la mente dei telespettatori di un dibattito televisivo non basta a garantire la vittoria. Soprattutto se non hai ancora conquistato il cuore della maggioranza degli elettori.

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