Hezbollah e i suoi alleati rischiano di perdere la maggioranza al parlamento libanese e per il gruppo sciita filo-iraniano si profila un importante ridimensionamento. A fare le spese del malcontento popolare per la terribile crisi economica è soprattutto il partito del presidente cristiano Michel Aoun, il Movimento patriottico libero, che scenderebbe da 18 a 16 seggi, segno del disaccordo di gran parte dell'elettorato cristiano nei confronti dell'alleanza con Hezbollah. Mentre il partito delle Forze libanesi cristiane maronite, guidato da Samir Geagea, con stretti legami con l'Arabia Saudita e strenuo oppositore delle forze legate a Teheran, avrebbe guadagnato posizioni, almeno 20 seggi, rispetto ai 15 del 2018, il che lo renderebbe il più grande partito cristiano nel nuovo parlamento. Anche i candidati indipendenti riformisti, le cosiddette forze del cambiamento, hanno fatto passi in avanti. «Possiamo dire che il popolo libanese ha punito i partiti al governo e si è allineato con noi, esprimendo la propria volontà per un nuovo inizio», ha puntualizzato il portavoce delle Forze libanesi Marc Saad. Geagea è uno dei più temuti signori della guerra civile libanese del 1975-90. Ha affermato che il Libano ha bisogno di un «cambio di potere radicale» per risolvere i suoi problemi e garantire un pacchetto di salvataggio economico dalla comunità internazionale.
Il tasso di affluenza alle urne è stato del 41 per cento su scala nazionale. Alle precedenti elezioni del 2018 l'affluenza era stata di 8 punti in più. Hanno influito sulla scarsa affluenza lo scoppio della crisi finanziaria senza precedenti nella storia del Paese e la pandemia con le sue ripercussioni internazionali e interne. A questi fattori si sono aggiunti l'esplosione del porto di Beirut dell'agosto del 2020, nella quale sono state uccise 250 persone, e la conseguente emigrazione di centinaia di migliaia di libanesi. Nel Paese dei cedri l'80 per cento della popolazione vive ormai in povertà e in grave carenza di cibo, carburante e medicinali. Questa è stata la prima elezione dalla Thawra, la rivoluzione dell'ottobre del 2018 contro un'élite politica considerata corrotta oltre che inefficiente. L'alta astensione è stata causata anche in parte alla decisione dell'ex primo ministro Saad Hariri di ritirare dalle elezioni il suo Movimento sunnita Futuro per protestare contro «l'influenza iraniana» in Libano. Ma uno dei maggiori shock in queste elezioni è arrivato nel distretto di Aley, dove il politico druso alleato di Hezbollah Talal Arslan ha perso il suo seggio vinto da Marc Daou, del partito riformista Taqaddom, che significa «progresso».
Elias Jradi, candidato nella lista «Insieme verso il cambiamento», avrebbe anche vinto un seggio riservato a un cristiano ortodosso nel Sud, roccaforte storica di Hezbollah. Un chiaro segnale della voglia di cambiare del Paese, sentito in maniera molto forte da giovani e donne che domenica ai seggi non nascondevano la loro rabbia e forza rivoluzionaria.
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