Ha provato a difendersi. Ma il gip del tribunale di Nola (Napoli) ha confermato l'arresto con l'accusa di omicidio preterintenzionale con l'aggravante dei motivi futili e abietti. Il giudice non usa mai il termine «omofobia», ma è chiaro che a fare da sfondo a questa terribile storia c'è proprio l'odio per chi cerca faticosamente la sua vera identità sessuale, combattendo una durissima battaglia contro i pregiudizi. Quella stessa «battaglia» che Ciro Migliore, 22 anni, (nato femmina ma determinato a diventare maschio) e Paola Gaglione, 18 anni, stavano affrontando insieme da tre anni. Col coraggio di chi si ama. Con la forza di chi non si rassegna al degrado umano e sociale di una comunità senz'anima. Tra i falansteri scrostati del quartiere «Parco Verde» (e mai nome fu più ingannevole) a Caivano (Napoli) la relazione tra Paola e Ciro era vissuta con «vergogna»: un malinteso senso dell'«onore» suggeriva ai residenti di dare ognuno il proprio infame contributo per porre fine allo «sconcio contro natura». Una ragazza che si innamora di un'altra donna che però si sente uomo, ma che la gentaglia del loro rione ha «promosso» solo al rango umiliante di masculillo: l'opposto del femminiello. Paola e Ciro venivano per questo additati al pubblico ludibrio: «Fate schifo», gli dicevano, neanche tanto a mezza voce, quando passeggiavano nel «Parco Verde» dove ogni schifezza viene tollerata (droga, furti, rapine, prostituzione, usura, pedofilia), eccetto l'amore tra una ragazza e un transgender: questa no, questa è un'«onta» intollerabile.
Così, il fratello di Paola, Michele Gaglione, 30 anni, parte in scooter all'inseguimento della coppia per dare loro «una lezione». Anche Paola e Ciro sono su uno scooter: Ciro guida, Paola è dietro e si stringe forte a lui. Ieri Michele, davanti al gip, ha sostenuto di «non averli tamponati»; spiegando a modo suo la dinamica dell'«incidente»: «Andavano veloci, hanno perso il controllo del mezzo e sono finiti fuori strada». Ciro la racconta diversamente: «È stato lui a speronarci. Voleva ammazzarci». A smentire l'intento «non violento» di Michele è anche la fase immediatamente successiva allo scontro: Paola finisce con la testa su un tubo di irrigazione che spunta dal terreno, viene infilzata alla gola e muore sul colpo. Ciro è più fortunato e cade sull'asfalto senza gravi conseguenze. A questo punto anche Michele arresta il suo scooter, scende dal mezzo, ma invece di preoccuparsi della situazione tragica della sorella, si avventa su Ciro picchiandolo selvaggiamente. Un comportamento assurdo, «giustificato» dal fatto che a subire «la lezione» dovesse essere soprattutto Ciro Migliore, «colpevole» di aver «infettato» Paola che da qualche giorno aveva lasciato l'appartamento dove abitava coi genitori e il fratello per andare a convivere col suo compagno. Una decisione insopportabile per la mentalità «all'antica» della famiglia Gaglione, un affronto intollerabile: Paola doveva essere «ricondotta alla ragione», ma soprattutto riportata a casa.
Ma l'«azione di convincimento» si è trasformata in un peccato mortale senza più possibilità di redenzione. Paola non c'è più. Rimangono i suoi genitori e il fratello. Con la coscienza che li divorerà per il resto dei loro giorni. La condanna peggiore: quella del rimorso.
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