E io sono «l'arbitro», dice Sergio Mattarella, non gioco, non parteggio, non faccio politica, semmai «sollecito al rispetto delle regole gli altri organi costituzionali, ricordo a tutti i limiti delle proprie attribuzioni: vale per il potere esecutivo, legislativo, giudiziario». Sono l'arbitro e quindi, sapete come vanno queste cose, «mi è capitato di promulgare leggi che ritenevo sbagliate o inopportune, ma erano state votate dal Parlamento e il dovere del presidente della Repubblica promulgarle». Il rinvio alle Camere, le lettere di accompagnamento? No, ricorda il capo dello Stato, «solo nel caso di evidenti segni di incostituzionalità ho il dovere di non promulgarle». A quale provvedimento pensa? A nessuno in particolare, destra sinistra o centro, il metro non cambia.
Insomma sono l'arbitro, spiega intervenendo alla cerimonia dei 25 anni dell'osservatorio permanente giovani-editori, e il ruolo di chi abita al Quirinale è proprio questo. Gli interventi sono sempre mirati a oliare la macchina democratica, a sanare i contrasti, a delimitare i confini. «Ogni potere e organo dello Stato deve sapere che ha limiti che deve rispettare perché le funzioni di ciascuno non sono fortilizi contrapposti, ma elementi della Carta chiamati a collaborare, con il proprio compito e rispettando quello altrui». Pesi e contrappesi. «È il principio del check and balance». E io sono «l'arbitro», ripete, non un notaio o uno spettatore, e «i giocatori mi devono aiutare». Quando, adesso ad esempio, governo e magistratura si scontrano, il presidente esercita la sua funzione di peace keeping, come i caschi blu.
Sullo sfondo c'è lo sforzo di lavorare per il bene del Paese ed e in questa prospettiva che giovedì sera Mattarella ha ricevuto Raffaele Fitto e gli ha «formulato gli auguri per l'affidamento di un incarico così importante per l'Italia», la vicepresidenza della Commissione Ue che gli ha assegnato Ursula von der Leyen. Le polemiche politiche, sul punto, dal Colle non sono considerate costruttive. Bisogna agire per l'interesse nazionale e non seguendo le logiche di partito.
La lezione del capo dello Stato spazia anche al digitale. «Queste tecnologie sono già tra di noi. I cambiamenti sono veloci, impetuosi e non basta saper usare la tastiera per essere padroni del proprio tempo, e necessario un bagaglio di conoscenze». Quindi tocca informarsi «per evitare trappole manipolative e affermare un diritto che distingue l'utente dal cittadino». Trolls e fake news sono un pericolo reale. «I livelli di democraticità dei nostri ordinamenti non devono essere messi in discussione da strumenti tecnologici che non si governano».
Perciò viva la libertà di informazione, «ossigeno della vita del Paese». Però adesso servono delle regole «per rimuovere il rischio che le notizie siano filtrate da algoritmi, da dinamiche che formano un'altra realtà». E sì, insiste, perché c'è molta gente in giro «che pensa che la Terra sia piatta» o che si cura sul web. Risultato, «alcune malattie che sembravano debellate sono tornate».
Quanti danni hanno provocato i no vax. «Non facciamoci catturare dallo smartphone». E chiude con l'intelligenza artificiale. «Ci aiuta enormemente pure nella salute, ma deve essere orientata in queste direzioni. Altrimenti corriamo dei pericoli».
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