La politica europea non si ferma mai. In questa fase di tensioni provocate dalla recente avanzata della destra a livello continentale, tutto è condizionato dalle imminenti elezioni anticipate in Francia, con il rischio concreto di una schizofrenica coabitazione tra il presidente centrista Emmanuel Macron e un esecutivo lepenista. Così, archiviato il G7 in Puglia, gli occhi si puntano adesso sul Consiglio Europeo straordinario di domani sera. I leader dei Ventisette si incontreranno a cena a Bruxelles e cercheranno un'intesa sui nomi per tre nomine: le presidenze del Consiglio Europeo (l'uscente è il belga Charles Michel, che coordina le riunioni dei capi di Stato e di governo dell'Ue come quella di domani), della Commissione Europea (che oggi è la tedesca Ursula von der Leyen, capo del governo di Bruxelles) e l'Alto rappresentante della politica estera europea (cosiddetto ministro degli Esteri), che vede in carica lo spagnolo Josep Borrell.
È inevitabile che il sopraggiunto indebolimento politico di Macron e del Cancelliere tedesco Olaf Scholz pesino sulle discussioni di domani. Macron ha ovviamente fretta (e lo ha detto chiaro ai giornalisti al termine del G7) di trovare soluzioni a lui gradite prima di una non improbabile nuova batosta alle elezioni da lui stesso convocate per il prossimo 30 giugno, mentre il problema di Scholz è la fragilità complessiva della maggioranza a tre che sostiene il suo esecutivo: in Germania non sono alle viste chiamate anticipate alle urne, ma il rischio immobilismo è reale. Più salda, invece, la posizione di partenza di Giorgia Meloni, che dal voto europeo è uscita rafforzata; questo non garantisce però nulla in fatto di conseguimento dei suoi obiettivi a Bruxelles, dove le variabili per giungere a un risultato condiviso sono numerose e complesse.
Nonostante i buoni risultati della destra dei conservatori europei (Ecr) di cui Fratelli d'Italia fa parte, la maggioranza uscente all'Europarlamento (popolari più socialisti più liberali) ha retto ed è tuttora autosufficiente. Non è dunque improbabile, ad esempio, che Von der Leyen ce la faccia a essere riconfermata, ma rimane incerto se alla maggioranza possano aggiungersi i Verdi (che la porterebbero più a sinistra) oppure gli stessi Ecr che invece la sbilancerebbero verso destra (ma Scholz si è già detto contrario), oppure ancora singoli o piccoli gruppi di non iscritti di vario orientamento. Va comunque ricordato che saranno i ventisette leader a determinare (senza bisogno di unanimità) la scelta del nuovo capo della Commissione, e che tutto potrebbe essere rimandato al successivo e formale Consiglio europeo del 27-28 giugno. Mentre, per le altre due cariche, circolano al momento i nomi del socialista portoghese Antonio Costa al posto di Michel e della premier liberale estone Kaja Kallas a succedere a Borrell (scelta che invierebbe a Mosca un forte segnale di vicinanza europea all'Ucraina).
L'altro importante tema sul tavolo di Bruxelles è la prossima bordata di sanzioni europee contro la Russia. Venerdì non è stata trovata un'intesa su un 14° pacchetto che sanzionava anche il settore dell'import e riesportazione del gas naturale liquefatto (Gnl) russo. Funzionari europei citati da Politico incolpavano la Germania, che pure ha da tempo rimpiazzato l'import di gas russo con quello (più che sovrabbondante) da Usa, Qatar ed Egitto a mezzo rigassificatori «alla Piombino».
Ma il Cancelliere Scholz ha negato di volersi mettere di traverso come un Orbàn qualunque: «Il gas non c'entra. Vogliamo solo evitare ha spiegato danni alle piccole imprese tedesche dei settori chimico e metallurgico. Nessun ostruzionismo, discutiamo insieme».
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