
Sono passati tre anni (era il marzo del 2022) da quando Joe Biden definì «macellaio» Vladimir Putin. A meno di una settimana dalla telefonata tra Donald Trump e il leader russo, il vertice di Riad ha sancito definitivamente il cambio di rotta. In attesa che a incontrarsi siano gli stessi Donald Trump e Vladimir Putin, «probabilmente entro fine mese», fa sapere il tycoon, ieri si sono trovati da una parte del tavolo il segretario di Stato Usa Marco Rubio, il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz e l'inviato speciale Steve Witkoff, già protagonista dello scambio di prigionieri con Mosca che ha fatto da preludio al disgelo; e dall'altra, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, non più un «paria», e il consigliere di Putin, Yuri Ushakov. Impensabile fino a pochi giorni fa.
Più che l'avvio di un vero e proprio negoziato sull'Ucraina, l'incontro è stato ufficialmente un primo passo per la ripresa delle relazioni tra Stati Uniti e Russia, evidentemente propedeutico, per entrambe le parti, all'avvio dei colloqui di pace. Washington e Mosca non hanno voluto in questa fase la presenza di Volodymyr Zelensky, né dell'Europa. «Nessuno è stato messo da parte», ha detto Rubio. E se ad assicurare la presenza di Kiev al tavolo era stato nei giorni scorsi lo stesso Trump, a tranquillizzare la Ue è ancora Rubio: «A un certo punto sarà al tavolo, perché ha imposto le sue sanzioni alla Russia».
Una correzione di rotta rispetto alla posizione dell'inviato presidenziale per Russia e Ucraina, Keith Kellogg, che alla Conferenza di Monaco della scorsa settimana aveva confermato la futura presenza di Kiev al tavolo, ma escluso quella degli europei, citando l'accordo Minsk 2 del 2015, negoziato da Germania e Francia con Russia e Ucraina: «C'erano un sacco di persone al tavolo, ma non ha funzionato». Quattro i punti concordati a Riad, secondo il dipartimento di Stato Usa: normalizzare il funzionamento delle rispettive ambasciate; nominare i rispettivi team per negoziare «il prima possibile» la fine della guerra in modo «duraturo, sostenibile e accettabile per tutte le parti»; gettare le basi per una futura cooperazione geopolitica ed economica dopo la fine del conflitto; impegno per garantire che il processo avviato proceda in modo «tempestivo e produttivo».
Gli Stati Uniti «hanno iniziato a comprendere meglio la nostra posizione», dichiarava Lavrov dopo l'incontro. La guerra, quindi, come un ostacolo alla normalizzazione di un rapporto che da parte della Casa Bianca di Trump vede la Russia, nelle parole della portavoce Karoline Leavitt, come «un competitor e a volte come un avversario», ma non un come un nemico. Mentre in Arabia Saudita si consumava lo storico incontro - l'ultimo faccia a faccia tra americani e russi ci fu nel novembre del 2022 ad Ankara, protagonisti il capo della Cia Bill Burns e l'omologo Sergey Naryshkin - in America Fox News rivelava che in realtà a Riad si è discusso eccome dei contorni della pace che verrà. La «cornice» delineata prevederebbe tre fasi: il cessate il fuoco, elezioni in Ucraina e infine la firma di un accordo. Ricostruzione subito smentita da Lavrov: «È un fake», ha detto il capo della diplomazia russa, dopo essersi consultato con Rubio e Waltz.
Fox ribadiva citando «diverse fonti diplomatiche straniere», secondo le quali da parte russa costringere l'Ucraina a tenere nuove elezioni potrebbe essere invece una «parte fondamentale» dell'accordo di pace, perché sia Washington che Mosca sono convinte che Zelensky avrebbe poche possibilità di essere rieletto. Nel frattempo, Trump è proiettato verso il prossimo appuntamento: il possibile incontro con Vladimir Putin.
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