Le chilometriche gambe si piegano e lui si inginocchia davanti a lei. Passa mezzo secondo e dalle mani a conchiglia porge in offerta un pacchettino rosso. Ma le dimensioni appaiono subito rassicuranti: l'involucro è sì piccolo ma non abbastanza piccolo da contenere un anello. Infatti è un foulard, che le sistema sui capelli.
Il primo ministro dell'Albania Edi Rama (ieri mattina al Forum Energetico di Abu Dhabi) si è genuflesso davanti a Giorgia Meloni «solo» per farle gli auguri di compleanno (le ha anche cantato «Tanti auguri» in italiano). La piccola grande seduttrice ha colpito ancora. Un altro gigante ai suoi piedi: dopo Sunak, Modi (il più bassino in effetti), Trump e naturalmente Musk. Tanto che Rama ironizza sui suoi «concorrenti»: «Gli altri vanno e vengono». «La devi smettere con questa storia», scherza lei prima di abbracciarlo. Rama ha inscenato il siparietto del «compleanno di fidanzamento» per celebrare i 48 anni della Meloni (che in serata ha festeggiato in albergo con la figlia Ginevra) e la cosa ha aperto la strada ad altri auguri, altri messaggi, altri festeggiamenti. In mattinata la presidente del Consiglio aveva scritto sui social: «E sono 48! Grazie a tutti per la forza e l'energia che mi date. Finché voi ci siete, continuerò a dare il massimo per restituire all'Italia il posto che merita nel mondo». Intanto il posto se lo è preso lei. Rama con le sue sneaker bianche immacolate ha messo in scenetta il comune sentire: Giorgia Meloni è un caso di simpatia globale. Indipendentemente dal fatto che la sinistra non riesca a rassegnarsi all'evidenza: proprio di ieri l'estremo, inelegante tentativo di Francesco Bonifazi, di Italia Viva, che annunciava due interrogazioni parlamentari sui «regali ricevuti dalla premier in questi anni», scatenando l'indignazione della presidente del gruppo al Senato Civici d'Italia, Michaela Biancofiore, che commentava a proposito dell'esternazione di Bonifazi «rancore, livore, invidia, ossessione. Una pochezza morale degna del peggior populismo che a parole ripudiano».
Ma è comunque «febbre Giorgia», non si ricorda un impatto così forte e repentino su così tanti capi di governo (eccezion fatta per Macron, ma lui riesce sempre a essere un'eccezione...). Per tutti gli altri, Giorgia è la Sinner della geopolitica. Non a caso perfino il regista palermitano Pif, che certo non la pensa come lei, a Peter Gomez confessò: «Senza parlare di politica potremmo andare in vacanza insieme e divertirci molto».
Immediata, capace, intelligente. È minuta, intrigante (nel senso giusto), sorride, fa le sue faccette, poi sale sul palco e improvvisamente odora di palco. Tutti vogliono andare a vedere chi è Giorgia, farsi un selfie con la giovane presidente del Consiglio italiana, stare ad ascoltare quello che ha da dire. La versione coriacea del «non ci hanno visto arrivare»: lei può contare su un ulteriore effetto sorpresa perché la descrivono sempre come un cerbero e poi invece tocca che si ricredano.
Può cantare con il premier albanese, ma poi risponde con una lama di discorso al sublime rancore dei detrattori, lascia che gli avversari si agitino come degli steward del Roland Garros, ripulisce Caivano, sgrida le piazze, rimette al suo posto De Luca e soprattutto spiega all'Italia da che parte deve andare. Prima di lei, politicamente, essere una donna era un meno. Adesso abbiamo una Presidente del Consiglio, la prima, per la quale non serve nemmeno più il cognome. Improvvisare, adeguarsi, risolvere: un Marine tascabile. Che però conosce l'arte del sorriso e politicamente sa a chi rivolgerlo e quando e quanto largo può permettersi di stenderlo.
L'opposto della cupezza progressista. La vera rabbia della sinistra è che Giorgia stia a destra. Per dissimulare, oggi, cioè in ritardo, i rancorosi dovrebbero mandare dei fiori. Che profumino di fiori e non di disperazione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.