Mentre Mario Draghi tesse la sua tela in vista di un corposo capitolo afghano del prossimo G20 presieduto dall'Italia, Boris Johnson convoca per domani un G7 straordinario dedicato inevitabilmente - allo stesso tema. Inevitabilmente perché sull'Afghanistan caduto nelle grinfie dei talebani incombe una catastrofe umanitaria di dimensioni tali da richiedere interventi tempestivi e ben coordinati. I leader dei sette Paesi più importanti dell'Occidente (Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Giappone e Canada) si riuniranno virtualmente Covid oblige sotto la presidenza britannica non solo per meglio coordinare gli sforzi dedicati a salvare il salvabile di vent'anni di presenza e a un'evacuazione ordinata e sicura di decine di migliaia di persone dall'aeroporto di Kabul, ma anche per rispondere concretamente all'allarme lanciato dal Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, secondo cui «una catastrofe assoluta è imminente in Afghanistan» e non sono ammissibili ritardi né sottovalutazioni della situazione.
«Dobbiamo portare rifornimenti in quel Paese ha avvertito la direttrice del Pam per l'Afghanistan Mary Ellen McGroarty non solo in termini di cibo, ma anche di forniture mediche, di rifugi. Servono soldi, e servono subito».
Il quadro dipinto da McGroarty è effettivamente drammatico. «Se non agiremo entro le prossime sei-sette settimane, poi sarà troppo tardi. La gente è priva di tutto, e soprattutto nelle province più lontane, zone di montagna, l'arrivo dell'autunno significa strade bloccate dalla neve e fame certa per chi ci vive». Abituati come siamo in questi giorni a focalizzarci sul disastro politico seguito al ritiro affrettato e mal gestito degli americani, ci dimentichiamo che la situazione sociale e alimentare dell'Afghanistan era già disastrosa prima di quel disastro. Un terzo degli afgani erano già sottonutriti, e tra questi si contavano due milioni di bambini. La siccità (che ha abbattuto del 40 per cento la produzione di grano) e l'infierire del Covid hanno aggravato la situazione, e il dilagare del conflitto a partire dallo scorso giugno ha portato la mazzata finale, con almeno mezzo milione di sfollati. Da qui discende quello che McGroarty ha definito «l'imperativo umanitario».
Sotto il profilo politico, però, il G7 straordinario di domani si concentrerà sugli sforzi di coordinamento tra alleati. Perché, è inutile girarci attorno, le modalità con cui il presidente americano ha agito in Afghanistan «dimenticando» di consultarsi in anticipo con gli europei hanno lasciato non solo parecchi malumori, ma anche concrete preoccupazioni. Si teme fondatamente un'ondata incontrollata di profughi afghani, e il sostegno a questi rifugiati dovrà essere coordinato.
In un contesto politico europeo molto particolare con Londra ormai fuori dall'Ue, la Cancelliera tedesca Merkel a un passo dall'addio alla politica e il presidente francese Macron «distratto» dalle prossime presidenziali il premier italiano Mario Draghi, che gode della piena stima di Joe Biden, svolge un ruolo di primo piano nel rapporto diretto degli europei con la Casa Bianca.
Draghi ha sottolineato con Biden l'importanza di un approccio comune del G7 alla crisi afghana, e sta lavorando per persuadere il presidente americano della necessità di coinvolgere nella sua soluzione anche Paesi come Cina, Russia, Turchia e Arabia Saudita, tutti presenti nel format del G20 che potrebbe essere convocato già a metà settembre.
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