I 75 giorni per salvare il Pil. Ecco i dossier dei "tecnici"

Franco e Cingolani riscrivono il Recovery. Risorse solo per gli investimenti. Prima la Cig e lo stop alle cartelle

I 75 giorni per salvare il Pil. Ecco i dossier dei "tecnici"

Sulla scrivania di Quintino Sella al ministero dell'Economia e in quella del presidente del Consiglio, in fondo alla Galleria Deti di Palazzo Chigi c'è lo stesso dossier: la riscrittura del Recovery fund.

Mario Draghi e Daniele Franco hanno poco tempo a disposizione, 75 giorni. Entro la fine di aprile andrà consegnata la versione definitiva del piano alla Commissione europea. Nel caso italiano sarà molto diversa dalla versione precedente del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quella presentata dal governo Conte II. Il testo deve essere depurato di tutto quello che non corrisponde alla missione di questo governo. E dalle anticipazioni che negli ultimi mesi avevano fatto storcere la bocca a Bruxelles.

Quindi niente che non sia destinato a ridare competitività al Paese. Risorse da concentrare su investimenti più che su assunzioni. Poi, soprattutto, spesa corrente ridotta al minimo.

Gli investimenti saranno green, ma tra i compiti del ministero per la Transizione ecologica affidato allo scienziato Roberto Cingolani c'è quello di dare un peso tanto all'ambiente quanto alla spinta che gli stanziamenti potranno dare alla produttività. Premi alle imprese che innovano e investono, ad esempio.

Le attese a Bruxelles sono alte. Nelle istituzioni Ue si conta molto sulla caratteristica di Draghi di essere concentrato sui risultati più che sulle ricette. Al ministro Franco toccherà un compito complicato. Frenare le tentazioni degli Stati del Nord Europa che vorrebbero un ritorno del Patto di stabilità accelerato. Poi garantire Consiglio e Commissione Ue che in ogni caso il debito pubblico tornerà a calare, una volta terminata l'emergenza pandemica. Prima tappa, già domani e martedì (15 e 16 febbraio) per Ecofin ed Eurogruppo.

Sul fronte interno Franco dovrà licenziare in tempi brevi il Decreto ristori cinque. Una manovra vera e propria se si guarda alle risorse impegnate: 32 miliardi di euro. Ma in questo caso non si tratta di cambiare rotta rispetto al provvedimento abbozzato dall'ex ministro Roberto Gualtieri.

La priorità è prorogare i ristori e trovare un'altra soluzione temporanea ai 50 milioni di cartelle del fisco del 2020 congelate per dare respiro a famiglie e imprese. Il 28 febbraio scade l'ultima proroga.

Proroga in vista anche per la cassa integrazione, secondo criteri selettivi. Scontata la contestuale conferma del blocco dei licenziamenti. La scelta del Dem Andrea Orlando al dicastero del Lavoro è la conferma che il governo non intende rompere con i sindacati (Orlando ha già convocato le parti lunedì e martedì) e quindi che la proroga del blocco ci sarà. A chiederla ieri è stata la leader della Cisl Annamaria Furlan insieme alla riforma degli ammortizzatori sociali.

Altro punto chiave del governo Draghi, anche se un piano dettagliato ancora non c'è. Ma c'è l'idea di un ammortizzatore il più possibile «universale» e, ancora una volta, selettivo e orientato all'occupazione. Una modifica al Reddito di cittadinanza, da introdurre con grande attenzione visto che si tratta di un provvedimento bandiera dei Cinque stelle. Anche in questo caso la stella polare sarà la produttività e una spinta forte all'occupazione femminile e giovanile.

Misure urgenti e riforme di ampio respiro si intrecciano. Il canovaccio sul quale si muoverà il governo è ancora una volta il Recovery europeo e le priorità indicate da Bruxelles.

I 209 miliardi assegnati all'Italia tra prestiti e stanziamenti a fondo perduto dipendono anche dalle riforme. In primo luogo giustizia (e su quella civile il lavoro è già iniziato) e della Pubblica amministrazione. Senza un Pa efficiente la ripresa non è possibile.

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