Lacune, dubbi interpretativi, difficoltà di attuazione e impasse burocratico. Questi sarebbero alcuni dei limiti che la Legge Cartabia entrata in vigore poco più di una settimana fa avrebbe nel compimento del processo penale. Difficoltà pratico-organizzative che accompagnano tutta la fase preistruttoria e istruttoria come riferisce Unarma, associazione sindacale a tutela delle Forze armate, che confida in una revisione del provvedimento per snellire il lavoro delle forze dell'ordine. Per alcuni versi la riforma paralizzerebbe anche l'iter della giustizia. Insomma anziché agevolare le forze dell'ordine, gli agenti finirebbero a scontrarsi con una serie di ostacoli col rischio di non convalidare gli arresti. Tra i criteri più controversi anche l'obbligo di affiancare alla trascrizione integrale degli interrogatori e delle dichiarazioni precise registrazioni audio-video: con strumenti tecnici di cui le forze dell'ordine non sarebbero in possesso e in difficoltà economiche per acquistarle nell'immediato a causa della mancanza di risorse. Quanto invece ai numerosi delitti contro la persona e contro il patrimonio, questi sarebbero perseguibili solo se la persona offesa sporgesse querela, anziché ricorrere a quella d'ufficio: vale a dire che in certi casi chi delinque può uscire facilmente dal carcere per mancata querela di parte. «Leggiamo su alcuni quotidiani quanto la riforma Cartabia sia necessaria al Paese e come le forze dell'ordine e i sindacati che si scagliano contro il provvedimento starebbero alzando polemiche giustizialiste. «Il Pnrr non legittima però a depenalizzare i reati interviene Antonio Nicolosi, segretario generale di Unarma, associazione sindacale a tutela delle Forze Armate la riforma è imposta dai vincoli europei per il via libera ai fondi del Pnrr, riconosciuto anch'esso come intervento essenziale per ridurre i fascicoli sui procedimenti penali e velocizzare il corso della giustizia. Unarma, che rappresenta chi ogni giorno si occupa davvero di salvaguardare la legalità e non ne interpreta le esigenze da dietro una tastiera, si domanda se gli impegni assunti possano accontentare oltre che l'Europa anche i cittadini preda di reati. Non è un discorso giustizialista il nostro, ma realista: non possiamo permettere che in Italia chi delinque esca liberamente dal carcere, di certo non per una nostra supposizione, ma in base a ciò che sostiene la riforma stessa». La critica è a quella porzione di provvedimento che ammette infatti la possibilità che le misure cautelari emesse, per i procedimenti già in corso, possano perdere efficacia nel caso in cui, entro venti giorni dall'entrata in vigore delle nuove norme (quindi entro il 18 gennaio), l'autorità giudiziaria non riesca a rintracciare la vittima e a ottenere la denuncia.
Vincolo che sta creando parecchie perplessità a chi quotidianamente svolge mansioni di indagine tanto da specificare: «La fretta con la quale è stato votato il provvedimento ha generato un forte smarrimento in chi agisce contro il crimine, tra le divise ma anche tra i componenti della magistratura che ancora oggi chiosa Nicolosi - non risulta abbiano delle linee guida per affrontare la situazione. Auspichiamo un intervento solerte del ministro Nordio affinché si faccia luce sulle perplessità che la riforma Cartabia genera tra le forze dell'ordine, snellendo il loro lavoro».
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