Sembrava dovesse essere una piccola luce nel buio, ma quella fiammella non si è mai accesa. I corridoi umanitari che ieri mattina avrebbero dovuto mettere in salvo 200mila abitanti di Mariupol e 15mila cittadini di Volnovakha, due città in apnea da giorni sotto gli attacchi russi, sono risultati un fallimento.
Mosca ieri aveva annunciato cinque ore di tregua dai combattimenti, dalle 10 alle 15 italiane, nelle due località, entrambe nell'oblast di Donetsk ed entrambe fondamentali per l'obiettivo russo di creare un collegamento tra la Crimea e i territori separatisti dell'Est dell'Ucraina. Mariupol è una città di quasi mezzo milione di abitanti da dieci giorni sotto i bombardamenti, con gli abitanti costretti a sciogliere tra le mani la neve per bere, mentre la piccola Volnovakha (20mila abitanti) è stata praticamente rasa al suolo. Ma alla fine nessuno ha potuto lasciare le due città martiri malgrado l'appello mattutino del sindaco di Mariupol Vadym Boichenko: «Il nostro principale compito è ed è sempre stato di proteggere le persone. Nelle condizioni che vedono la nostra città costantemente sotto il fuoco spietato degli occupanti, non c'è altra soluzione che mettere in condizione i residenti, ovvero voi ed io, di lasciare Mariupol in sicurezza».
Ma qualcosa è andato storto. E su quel qualcosa le versioni cambiano in modo drammatico a seconda di chi parla. Secondo gli ucraini infatti i russi hanno operato continue violazioni al cessate il fuoco nell'area di Mariupol, bombardando già dopo due ore dall'inizio della teorica tregua sul percorso previsto per l'evacuazione e costringendo di fatto a un rinvio delle operazioni, mentre a Volnovakha i cittadini che vivono da giorni come topi accanto a cadaveri putrefatti e senza cibo, si sono messi in fila inutilmente, perché nessuno li ha portati via. Diversa la versione del ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, invece, l'evacuazione delle due città non è andata avanti perché «non si è presentato nessuno». Fatto sta che a un certo punto le autorità locali di Mariupol hanno invitato i residenti che con le loro poche cose erano in attesa di andarsene di rientrare nella lugubre città e riparare nei rifugi in attesa di un nuovo appuntamento con il destino, del quale saranno avvisati grazie a degli altoparlanti. «Sono al momento in corso trattative con la Federazione Russa per stabilire il regime di tregua e garantire corridoi umanitari sicuri», si legge in un comunicato citato da Cnn. E nel pomeriggio anche la Croce Rossa si arrende: «I corridoi umanitari da Mariupol e Volnovakha non saranno realizzati oggi (ieri, ndr)», fanno sapere, puntando l'orologio su oggi. Unica piccola buona notizia, la circostanza riferita dal vicepremier ucraino Irina Vereshchu per cui i corridoio presto dovrebbero riguardare anche la periferia di Kiev e Sumy, Kharkiv e Kherson».
Finisce con il premier ucraino Volodymyr Zelensky furibondo: «I corridoi umanitari devono entrare oggi (ieri, ndr) a Mariupol e Volnovakha, per salvare donne bambini e anziani e dare cibo e medicine a chi è rimasto. Stiamo facendo di tutto per far funzionare l'accordo». Ma il suo appello cade nel vuoto. E questo fallimento allunga un'ombra nera sul terzo round dei colloqui russo-ucraini che dovrebbero ripartire domani.
Che non ci si debba attendere granché dal fronte delle trattative però lo fa capire lo stesso Lavrov, che irride il nemico: «Sembra che l'Ucraina inventi sempre dei motivi per aggiornare i termini della trattativa. Zelensky è dispiaciuto che la Nato non intervenga, vuol dire che non vuole risolvere il conflitto con la diplomazia». Va a finire che il guerrafondaio è lui.
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