I costituzionalisti in coro: pochi dettagli da limare È una legge che funziona

Caciagli: «La governabilità viene garantita dai politici in Parlamento, non dalle regole»

I costituzionalisti in coro: pochi dettagli da limare È una legge che funziona

Roma Un sistema elettorale evoluto, che garantisce stabilità, governabilità, rappresentanza. Ovviamente si parla del «tedesco» praticato al di là delle Alpi. Varato nel '53, rivisto nel '56; poi sempre uguale e sempre funzionante. Come un motore made in Germany di vecchio stampo. È ciò che sperano i costituzionalisti più aggiornati e ideologicamente «non orfani del maggioritario» per la sua versione apostolica e romana. Che parte monca di qualche pistone ma dovrebbe marciare. Dopo i primi «aggiusti» in commissione, ormai ci manca davvero poco per essere «a prova di Consulta». Quattro i punti controversi, uno solo al momento irrisolvibile.

GOVERNABILITÀ

Non è previsto dalla Costituzione, ma nelle ultime due sentenze della Consulta. La stabilità di un governo non dipende però dal sistema elettorale, come spiega il professor emerito Mario Caciagli, Università di Firenze, bensì «dal comportamento del ceto politico». Merito però anche della «sfiducia costruttiva» che da noi non si può più fare: manca il tempo. Se Renzi non si fosse perduto dietro la propaganda sul Cnel, forse ora avrebbe potuto essere ancora in sella e dare all'Italia lo stratagemma che, molto più del premio di maggioranza, induce i partiti ad avere senso di responsabilità.

VOTO DISGIUNTO

Se non verrà introdotto in Aula, questo sarà il punto «più debole» della futura legge, conferma Massimo Villone, ex senatore e professore emerito della Federico II di Napoli. La Consulta difende «l'ampia capacità di scelta dell'elettore». Ed è chiaro che un solo segno sul simbolo, che trascina con sé un candidato uninominale e un listino bloccato, non lo è. «La scelta si riduce di molto», dice Villone. «Con il voto congiunto - dice anche Felice Besostri, già senatore, avvocato ammazza-Porcellum ed Italicum - non c'è più il voto personale e diretto previsto dagli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione. Quanto meno ci deve essere la possibilità di non votare per la lista o per il candidato dell'uninominale che non si gradisce, scegliendo una lista non collegata». Caciagli conferma che «la forza del modello tedesco» sta proprio nei due voti. Anche perché essi forniscono al vincitore una chiara indicazione sulla coalizione: suggeriscono quali candidati sono considerati «meno lontani».

VITTORIA DI PIRRO

È il caso limite che rischia di avverarsi quando in un collegio uninominale vince un candidato di partito che non supera il 5%. La mancata elezione potrebbe far scattare l'incostituzionalità (art. 3 Cost.). Un emendamento che consenta a chi ottiene un plebiscito personale non è stato ancora presentato. Ma persino nel vecchio sistema di elezione del Senato era previsto che con il 65% «si era eletti a prescindere - ricorda Villone - Anzi, fu proprio sull'abrogazione di quella norma nel referendum del '93, che fu costruito il maggioritario del Mattarellum».

COLLEGI

Ci si lavora in queste ore, perché usando quelli del Mattarellum si rischia non solo di non tener conto dell'ultimo censimento (artt. 56 e 57 Cost.

), ma anche di avere enormi diseguaglianze nel numero di elettori: accorpando a due a due quelli per il Senato ci si è accorti che in alcune Regioni è necessario aggiungerne un terzo. «Con una delega breve al governo, in un mese e mezzo ce la si sarebbe fatta», dice Villone. La fretta di correre alle urne potrebbe disseminare mine per ricorsi a valanga.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica