Gli allarmisti di professione non vanno mai in vacanza. Il barometro delle loro scempiaggini è sempre in funzione, pronto a vaticinare catastrofi meteo in arrivo. Questo è un problema, soprattutto per chi, come gli operatori del turismo tricolore, si trova a dover fare i conti con queste bufale. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, è consapevole di questo fenomeno e di quanto esso possa incidere sulla stagione estiva da poco iniziata.
Oltre al tempo instabile delle ultime settimane, dovete fronteggiare anche gli allarmismi ingiustificati.
«Noi lo chiamiamo meteo-terrorismo. Si vedono titoloni che parlano di caldo e di siccità da record, poi uno va leggere e scopre che la situazione non è così grave. Vengono create notizie allarmanti e troppo spesso non veritiere, previsioni persino discordanti tra loro che provocano grossa confusione nell'utente finale e perdite al nostro settore».
Chi ne esce più danneggiato?
«Le mete marittime, mentre le città d'arte ne risentono meno. Questi allarmismi condizionano soprattutto la clientela italiana e quella europea, che consultano le previsioni per prenotare vacanze a breve termine. Quantificare il danno non è facile».
Che estate dobbiamo aspettarci?
«Se raggiungessimo i dati positivi dello scorso anno, sarebbe un buon risultato. Purtroppo il mese di giugno ha risentito del meteo instabile, mentre a luglio e agosto il mare italiano vive soprattutto del turismo interno, che però accusa gli effetti dell'inflazione. Il costo della vita aumenta e qualcuno decide di tagliare le spese delle vacanze. Sul turismo americano invece stiamo ancora oggi registrando ottimi numeri, grazie a una clientela che ha voglia di viaggiare, che ama l'Italia ed è propensa a spendere».
Gli italiani faranno ancora vacanze tricolori?
«La percentuale di italiani che rimane in Italia per le vacanze è altissima, siamo tra l'87 e il 92 per cento. Questo vuol dire che abbiamo seminato bene, perché chi ha fatto vacanze in Italia quando era costretto, cioè nella fase pandemica, oggi che può scegliere rimane ancora nel nostro Paese. Tuttavia, scenderà probabilmente il numero di nostri connazionali che faranno vacanza e si accorcerà il periodo della villeggiatura, proprio per una questione di spesa. Gli alberghi, di per sé, non incidono molto: rappresentano non più del 27 per cento del costo della vacanza, che è fatto da tante altre voci».
Saranno gli stranieri a «salvare» la nostra estate?
«Gli stranieri salveranno l'estate in particolare nelle città d'arte. La crisi che oggi interessa l'Italia riguarda anche la Germania, che per noi è il primo mercato straniero nel turismo. Ma potremmo avere un vantaggio dallo svolgimento delle olimpiadi in Francia, nostro diretto competitor. Il turista non interessato ai Giochi, in questo momento non va nel Paese transalpino, perché non trova posto o perché i costi sono decuplicati. E quindi sceglie l'Italia».
Il G7 in Italia può favorire il turismo?
«Sicuramente è un fatto molto positivo. C'è sia un beneficio immediato, sia un ritorno di immagine importante. Spesso non siamo abbastanza consapevoli delle nostre bellezze o addirittura le bistrattiamo. Però l'ammirazione con cui gli stranieri ci guardano dovrebbe renderci più consci del patrimonio di meraviglie di cui disponiamo».
Federalberghi come vede il futuro?
«La prossima legge di bilancio sarà complicata, il nostro auspicio è che gli enti locali non raddoppino in maniera sconsiderata l'imposta di soggiorno, che ormai è diventata il bancomat dei Comuni, per compensare. Questo penalizzerebbe il turista che soggiorna nella destinazione ma non avrebbe effetto sul visitatore di giornata, il quale però lascia poco o nulla all'indotto. Sul modello degli Stati Uniti, abbiamo proposto l'introduzione di una city tax sulle attività riconducibili al turismo: pochi centesimi, di cui il turista nemmeno si accorge, che possono sostituire la tassa di soggiorno».
Gli affitti brevi vi preoccupano?
«Non siamo contrari, è un'offerta che il turista apprezza. Però riteniamo che, per chi opera sullo stesso mercato, dovrebbero esserci le stesse regole».
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