C'è chi evoca Guantanamo, chi parla di «deportazioni» e chi, evitando le drammatizzazioni colorite, la definisce più semplicemente una mossa di «pura propaganda» e assolutamente «inutile» a fronteggiare il problema delle migrazioni verso il nostro paese.
Sull'intesa Italia-Albania annunciata da Giorgia Meloni le opposizioni - Pd in testa - salgono sulle barricate. Con qualche imbarazzo celato, perché il premier albanese Edi Rama, con cui il governo italiano ha siglato il protocollo per creare centri di raccolta dei migranti, fa parte della stessa famiglia politica del Pd, il Pse. E perché anche nelle file dem c'è chi, come il governatore di Puglia Michele Emiliano (o come l'ex ministro degli Interni Marco Minniti) non sarebbe pregiudizialmente contrario al metodo di «esternalizzare» la gestione dei richiedenti asilo. Metodo (già immaginato, senza successo, nel Regno Unito) cui del resto guardano anche altri governi europei, dalla Germania all'Austria.
La leader Pd Elly Schlein è netta: l'accordo con Tirana «mi sembra in violazione delle norme del diritto internazionale e europeo. Meloni è disponibile a inventarsi qualsiasi cosa pur di non fare l'unica cosa che deve fare: convincere i suoi alleati nazionalisti europei a condividere le responsabilità sull'accoglienza». Il capogruppo al Parlamento europeo Brando Benifei annuncia: «Ci opporremo in tutti i modi». E per questo, spiega, «abbiamo già presentato un'interrogazione alla Commissione europea, per fare luce sulla compatibilità del protocollo con le norme Ue e il diritto internazionale».
Si tratta, dice l'ex responsabile delle Politiche europee nel governo Draghi Enzo Amendola, di «un disumano gioco delle tre carte: prima li mando lì e poi li riprendo, fuori dalle regole Ue». Niente più che «un patto dello spritz» tra Italia e Albania, lo liquida coloritamente.
I rosso-verdi alzano i toni: l'intesa «non è altro che una politica di respingimento mascherata da cooperazione internazionale. Una vera e propria deportazione in palese violazione delle convenzioni internazionali». Assai più cauto M5s: sul tema, Giuseppe Conte non apre bocca, consapevole che il tema immigrazione fa perdere voti, e i suoi si limitano a parlare di «spot propagandistico che non risolve il problema». Corre invece a posizionarsi la Cgil di Maurizio Landini, anche perché la rivale Cisl è apparsa aperturista («Bene gli accordi ma l'Ue deve osare di più e dare segnali di solidarietà», dice il segretario Luigi Sbarra). Per i landiniani, invece, l'intesa con l'Albania è «in palese violazione delle norme internazionali e costituisce un ulteriore svuotamento dei princìpi costituzionali in materia di accoglienza».
Lo scontro si sposta anche sull'aspetto procedurale dell'intesa: basta l'accordo inter-governativo tra Roma e Tirana, come sostiene il centrodestra, o è necessaria una pronuncia parlamentare? Per l'ex viceministro dell'Interno del Pd Matteo
Mauri, «quelle norme devono passare dal Parlamento italiano», perché «non è assolutamente vero» che bastano i trattati di cooperazione già siglati in passato con Tirana. E comunque «il governo deve rendere pubblico il testo».
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