Milano. Non sono cominciate con «Terrazza Sentimento le notte magiche di Alberto Genovese, il genietto delle startup divenuto stupratore seriale. A sei giorni dall'arresto, arriva il racconto di chi ha avuto la sfortuna di conoscerlo da vicino prima che acquistasse la casa con piscina vista Duomo di piazza Santa Maria Beltrade dove si è consumata la violenza su una diciottenne che lo ha portato a San Vittore. È una testimonianza che racconta non solo come già almeno dal 2014, per uno o due volte al mese, il manager di successo si trasformasse in un re della notte - una notte in cui le regole non esistevano più - ma anche dell'indulgenza che lo circondava.
Il primo regno di Genovese è in via Santa Maria in Valle, a ridosso di via Torino, nel centro di Milano. «Arrivò qui nel 2014 - racconta Gianluca Lanza, avvocato, che nello stabile ha il suo studio legale - e prese in affitto tutto l'ultimo piano, un appartamento non grande ma con una splendida terrazza. E da quel momento per noi è stato un disastro. Lui viveva qua insieme a una ragazza, poi ci ha litigato. Una volta o due al mese, regolarmente di sabato, qui arrivava il mondo, e per noi non c'era più pace».
Che tipo era, Genovese? «Uno che non salutava». Un antipatico, con il vizio di fare chiasso: sembrerebbe una storia di dissapori condominiali uguale a centro altre. Ma qui c'era qualcosa di più. «La terrazza era stata allestita come una succursale di Ibiza. Vasca idromassaggio, e sassolini di ghiaia. E ragazze a volontà. Nelle sere di festa, Genovese si impadroniva dell'intero stabile. Metteva il suo buttafuori davanti al portone, a controllare gli inviti. E se qualcuno osava protestare per la musica a livelli da discoteca arrivavano le minacce e gli insulti. Un inquilino per avere chiesto di abbassare i decibel venne preso a sberle. Andavano avanti fino alle quattro del mattino. E l'indomani le scale erano ridotte in modo pietoso».
Avevate prove che in quelle feste circolasse droga? «Io nell'appartamento dell'ultimo piano non sono mai entrato. Ma posso assicurare che le condizioni delle persone che ne uscivano, le loro reazioni alla richiesta di un comportamento più civile, erano spiegabili solo con uno stato di alterazione». Cosa accadesse dietro la porta di casa Genovese, in realtà qualcuno lo sa: sono i poliziotti del Commissariato Centro, che dopo infinite insistenze una notte intervennero nel corso di una festa in via Santa Maria in Valle.
«Di tutta questa storia - racconta l'avvocato Lanza - l'aspetto più incredibile è l'indulgenza che sembrava circondare le feste di Genovese. Avremo chiamato la polizia locale decine di volte, sempre più esasperati, e non c'è stata una sola volta in cui siano usciti, non è di nostra competenza". Una signora che era stata pesantemente minacciata ha sporto denuncia alla Procura della Repubblica, anche lì senza nessun risultato. Alla fine perché qualcuno si muovesse ho dovuto qualificarmi, spiegando alla polizia che sono consigliere del Municipio 1. Solo loro sanno cosa hanno trovato, di sicuro c'è che tutto è andato avanti come prima fin quando non siamo riusciti a farlo sfrattare. Il padrone di casa non voleva, perché gli pagava quasi cinquemila euro di affitto al mese.
D'altronde che Genovese avesse una disponibilità di denaro illimitata era evidente».Nel 2017, finalmente, il manager cambia casa: ma si sposta di poche decine di metri, in piazza Santa Maria Beltrade. E la festa riparte.
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