L'ultima trovata di Emmanuel Macron, per rimettere le scarpe ai piedi di una Francia che ha consumato le suole tra una rivolta e una ribellione, una manifestazione contro il carovita e un corteo contro la riforma delle pensioni, è il bonus «riparazione»; un aiuto di cui godranno i francesi da ottobre. In sostanza, anziché gettare via abiti usati o scarpe rovinate, i cittadini potranno portarli da un artigiano del tacco, del cuoio e dei merletti, che Oltralpe sono in crisi perché nessuno più (o quasi) investe per dare una seconda vita alle cose. Si pensa infatti più spesso a rifarsi il guardaroba, rivolgendosi a negozi che vendono al ribasso Made in China, o abbigliamento e accessori al peso. Ecco allora un fondo da 154 milioni di euro, stanziato per il quinquennio 2023-2028, per combattere sprechi e disoccupazione. E anche l'import dall'Asia.
Da ottobre, spiega la sottosegretaria all'Ecologia Bérangère Couillard, i francesi potranno «riparare» anziché gettare. L'invito è anzitutto ai laboratori di cucito, calzolai e botteghe: iscriversi al progetto «riuso», facendo richiesta all'apposito ministero, che invierà loro un'etichetta da esporre in negozio per invogliare i clienti. Se l'usato vive infatti tuttora un periodo d'oro, tra mercatini e brocante una vera e propria moda, quella del «rattoppo» è considerata una perdita di tempo (e soldi). E nelle città, una pratica quasi degradante. Certo, sostiene qualcuno sui social, puntare su aiuti per ridare gas alle botteghe francesi è una buona operazione, ma per com'è studiata significa ignorare che la maggior parte sono gestite perlopiù da lavoratori stranieri.
Off the record, fuor di strategia ufficiale, il governo pensa invece che il bonus incluso nella «legge anti-spreco e per l'economia circolare» farà emergere un po' di sommerso, con scontrini emessi a ripetizione anche dove oggi non si fanno. Ma come funziona? Ci saranno tariffe «rattoppo». Rifare un tacco costerà tra i 6 e i 7 euro; sostituire la fodera di una giacca da 10 euro a 25. Vere e proprie tabelle a cui l'artigiano dovrà aderire, facendo richiesta per avere l'apposito bollino dall'organismo statale Refashion.
Lo «sconto» sarà applicato sulla ricevuta sul modello del bonus elettrodomestici. La speranza di Macron? Ricreare posti di lavoro, ridare dignità a mestieri in via di estinzione ed evitare che i francesi buttino via 700mila tonnellate di abiti ogni anno, due terzi dei quali nelle discariche (su 3,3 miliardi tra abiti scarpe e biancheria immessi sul mercato francese), sostiene la sottosegretaria. L'operazione punta poi il dito contro una filiera del tessile che di Made in France ha conservato quasi solo l'alta moda, mentre gli abiti pret-à-porter prodotti in quantità industriale in Asia costano poco e vengono gettati con facilità, inquinando in modo «preoccupante». Fare economia ed ecologia, insomma, chiedendo uno sforzo nella «tracciabilità» dei capi. È il mantra macroniano del «al tempo stesso», rielaborato e corretto in chiave sociale e green. Dare una seconda vita agli abiti: fattibile. Darne una seconda, a una Macronie in crisi di nervi (45mila poliziotti schierati da oggi in vista del 14 luglio e ancora polemiche per i silenzi post-banlieue), è più complesso. Dai social, TikTok in particolare, molti utenti fanno notare che da giorni l'inquilino dell'Eliseo minaccia di chiudere i canali a causa delle rivolte.
E che la sua sottosegretaria invita a sostenere la campagna «rattoppo» con videoclip che mettano sul piedistallo l'approccio più etico alla moda. Gli influencer sono sul piede di guerra. Trovarne uno/una disposto ad aiutare il governo in una fase così delicata è quasi un'impresa. E si rischia un effetto boomerang.
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