La sinistra "rosica" per il colpo del governo: cancellata la notizia su Chico Forti

I giornali di opposizione minimizzano il ruolo della Meloni, sul "Fatto" neanche una riga in prima pagina. Dal Pd ai Verdi i ringraziamenti soltanto agli esecutivi precedenti

La sinistra "rosica" per il colpo del governo: cancellata la notizia su Chico Forti
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Chico Forti «torna in Italia». Così, da solo, come un turista alla fine della vacanza. Sui giornali di opposizione il ruolo del governo italiano viene relegato in secondo piano, il successo diplomatico diventa un fatto di cronaca, appunto «l'ok al rimpatrio di Chico Forti», come titola Repubblica, con un minimo accenno in prima pagina. Negli articoli si riporta la «felicità» del premier, come una sorta di spettatrice. Nessuna traccia di retroscena sul lavoro dietro le quinte di funzionari e diplomatici su input preciso della Meloni (da anni impegnata personalmente per Forti), di cui invece si fa notare «il piumino bianco» indossato nel video-annuncio.

Eppure l'impegno diretto del governo per trattare l'estradizione con le autorità straniere è proprio quello che si rimprovera di non fare per Ilaria Salis, l'anarchica detenuta a Budapest, «abbandonata dall'Italia», «lasciata sola». Per la vicenda non risolta della Salis l'esecutivo è sempre chiamato in causa come responsabile, nel caso risolto di Forti invece Meloni e i ministri diventano comparse. Ancora più estremo il Fatto: il fatto di giornata non è neppure menzionato in prima pagina. Bisogna prendere una lente di ingrandimento e andare a cercare tre righe striminzite in un boxino a pagina 4 per leggere, così en passant, che «prima del bilaterale la Meloni ha annunciato che Chico Forti, in carcere da 24 anni, tornerà in Italia». Una cosa da nulla. Fosse stato l'amato Conte chissà che fanfara.

Sulla Stampa la notizia vale perlomeno un occhiello della prima. Anche qui Forti «torna a casa», in autonomia, mentre la Meloni fa da annunciatrice. Si spiega che «diversi governi italiani si sono attivati presso gli Usa per sbloccare la situazione». É così, da vent'anni il dossier Forti si trascina inutilmente dai tavoli di ministri della Giustizia, degli Esteri, presidenti del Consiglio, sedi diplomatiche. Se ne sono occupati Frattini, Gentiloni, Mogherini, Di Maio, Cartabia, il governo Monti e quello Draghi. Il sottotesto, ma nemmeno troppo sotto, è che non è merito dell'attuale esecutivo, ma del lavoro fatto dai predecessori. Tanto che il ministro della Giustizia Carlo Nordio si sente in dovere di comunicare con una nota ufficiale che «il rientro in Italia di Forti è un importante ed atteso traguardo raggiunto grazie all'autorevole impegno in prima persona del Presidente Giorgia Meloni», mentre gli uffici del Guardasigilli, cioè i suoi, sono al lavoro solo «sui passaggi tecnici». Caso raro di comunicato ministeriale per non prendersi meriti ma attribuirli ad altri.

Nelle (poche) dichiarazioni di esponenti di centrosinistra si ritrova lo stesso escamotage per evitare di riconoscere meriti agli avversari. Il leader dei Verdi Angelo Bonelli si riscopre draghiano e ringrazia l'ex presidente della Bce per il successo: «È una bella notizia quella annunciata dalla premier che Chico Forti sarà presto in Italia, è il frutto di anni e anni di pressioni che sono iniziate con il governo Draghi, è una buona notizia». La dem Lia Quartapelle resta sul generico, ringraziando «chi in questo governo e nei precedenti e tra il personale diplomatico ha lavorato per il suo trasferimento». Mentre il leader M5s Giuseppe Conte si complimenta «con la nostra filiera diplomatica, all'ambasciatrice a Washington Zappia in particolare», ma almeno cita anche «il governo» (non però la Meloni).

I renziani vanno oltre, si prendono parte del merito («Siamo lieti di aver fatto la nostra piccola parte di stimolo e controllo per il conseguimento del risultato», senatore Enrico Borghi) in attesa di vedere se l'annuncio della Meloni non sia «una dichiarazione che si perde nel nulla come nel passato». Dopotutto tra una settimana saranno tutti insieme appassionatamente, in Abruzzo, contro la Meloni, per sperare in un secondo ko dopo la Sardegna. Altro che complimenti.

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