Il giorno dopo la mattanza al Tribunale di Milano, con un uomo che ha fatto fuoco per tredici volte uccidendo tre persone, come spesso purtroppo avviene nel nostro Paese ci si è subito divisi in fazioni. E qualcuno (volutamente o no) ha strumentalizzato la vicenda, dimenticandosi una cosa molto importante: quando si verificano certi episodi a perdere è tutta la società, nessuno escluso. E non ci sono, non possono esserci, vittime di serie A e di serie B. Invece abbiamo assistito a qualche stonatura di troppo. Con parole a sproposito pronunciate a caldo, quando i morti ancora giacevano per terra, subito dopo la strage. Sono stati i magistrati i primi a fare quadrato, ergendosi a vittime, le prime vittime di quanto è accaduto. Eppure i morti sono tre, e oltre al giudice Fernando Ciampi, tra loro c'è anche un avvocato, Lorenzo Claris Appiani, e un'altra persona, Giorgio Erba, coimputato nello stesso processo a carico di Claudio Giardiello, autore della sparatoria.
Il primo ad aprire le danze, ieri, evocando un clima infame da "caccia ai magistrati" è stato il giudice Gherardo Colombo, ex pm del pool di Mani pulite: "Temo che il sentimento che si nutre nei confronti della magistratura in questi periodi, questa sottovalutazione e svalutazione del ruolo, sia un’aria che contribuisce, ovviamente involontariamente, a rendere più facilmente possibile atteggiamenti mentali di questo tipo. Non faccio un collegamento diretto, certo è che la scarsa considerazione che a tutti i livelli hanno i magistrati toglie loro credibilità e in qualche misura li svaluta". Frasi su cui si può tranquillamente discutere. Ma, tralasciando il fatto che, lo ripetiamo, il killer non ha sparato solo a un magistrato, era proprio il caso di pronunciarle ieri, aprendo una polemica pochi minuti dopo la strage?
Dopo Colombo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha usato lo stesso "tasto". Dopo aver convocato un plenum straordinario del Csm per esprimere il dolore per quanto accaduto e onorare la memoria del giudice ucciso, prendendo la parola davanti ai consiglieri ha detto: "I magistrati sono sempre in prima linea e ciò li rende particolarmente esposti, anche per questo va respinta con chiarezza ogni forma di discredito nei loro confronti".
Oggi alla commemorazione delle vittime a Palazzo di Giustizia, il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli, ha ricordato che la strage "ha un valore simbolico", anche perché "troppe tensioni e troppa rabbia si raccolgono sulla giustizia e occorre richiamare tutti al diffuso rispetto verso la giustizia". Sulla stessa lunghezza d'onda il vice presidente del Csm Giovanni Legnini: "I magistrati non possono essere lasciati soli". Poi, dopo aver espresso un ringraziamento alla magistratura milanese, "che insieme alle istituzioni, ai cittadini, hanno dato una risposta ferma, addolorata e costernata ma serena", ha sottolineato che "questa è Milano e ci rappresenta tutti, rappresenta il nostro Paese".
Molto toccante il ricordo della mamma di un'altra vittima, l’avvocato Lorenzo Claris Appiani, intervenuta all’assemblea convocata dall’Anm nell’aula magna del palazzo di giustizia di Milano. "E' morto perché non è stato una marionetta" in mano al suo cliente, ha detto Alberta Brambilla Pisoni. "Sono la mamma di Lorenzo e Francesca, avvocato e giudice - ha esordito la donna, di fronte alla vasta e commossa platea - chi più di me può sentire la necessità che questi due mondi stiano insieme. Mia figlia è giudice fallimentare a Pavia, come lo è stato Ciampi per molti anni. Anche lei rischia come lui, ma oggi è morto mio figlio". Brambilla Pisoni, anche lei avvocato, ha rievocato il momento del giuramento del figlio: "Quando era venuto Lorenzo a giurare, il discorso di accoglienza lo fece l’avvocato Biagi, il quale diceva 'voi non dovete fare i ventriloqui, dovete avere la vostra testa e non dovete essere delle marionette, dovete fare quello che è giusto per il cliente...'. Lorenzo è morto perché non è stato una marionetta in mano a quelle persone. "Era orgoglioso del suo lavoro - ha proseguito - ci facevano tanta compagnia alla sera, veniva spesso a mangiare con me, perchè suo padre era spesso via per lavoro. Mi diceva sempre: Sai che il nostro giuramento è il più bello di tutti, è la cosa più bella, quando la formula richiama alla consapevolezza della funzione sociale dell’avvocato; senza di noi, mi diceva, non ci sarebbero la dignità, la famiglia, la comunità. Voglio che tutti gli avvocati siano orgogliosi - ha concluso la mamma di Lorenzo - della dignità della professione forense, solo così non sarà morto per niente".
Dura presa di posizione dell’Organismo unitario dell’avvocatura. L’Oua, che oggi ha riunito la giunta a Roma, chiede che si metta fine alle polemiche sterili, ricordando che nei tribunali lavorano fianco a fianco avvocati e magistrati, nonché tutti gli altri operatori del settore: "Sarebbe inaccettabile che si facessero differenze di fronte a un fatto tragico come questo: non esistono vittime di serie A e di serie B".
"Evocare un clima contro i giudici - sottolinea in una nota l’Unione delle camere penali - è fuorviante e quantomeno inopportuno. L’omicida ha, infatti, espresso il suo sentimento di rabbia e vendetta nei confronti di chi riteneva ingiustificatamente responsabile delle sue disavventure, e ciò non ha nulla a che vedere con un’asserita delegittimazione o con il discredito della magistratura. Speravamo di non dovere aggiungere altro di fronte a una tragedia quale questa. Avevamo rilevato che si trattava di un dramma per il quale si doveva esprimere il più profondo cordoglio alle famiglie delle vittime e che colpiva avvocatura, magistratura e società nel suo complesso. Come bene ha detto il presidente della Corte di Appello di Milano Giovanni Canzio di fronte a episodi come questo occorre misurare gesti e parole e non è il tempo per rivendicazioni corporative o sindacali".
A conferma del clima da caccia alle streghe e del "tutti contro tutti", per salvare credibilità (e faccia), spunta anche un'altra grave accusa. Quella di alcuni vigilantes in servizio al tribunale di Milano, che puntano il dito contro gli avvocati, accusandoli di non voler aspettare troppo tempo, di pretendere di entrare subito e in alcuni casi di far passare i propri clienti per evitare le code. La colpa, come si vede, è sempre di qualcun altro. Anche questo è un il solito brutto vizio italiano.
La giustizia farà il proprio corso (almeno si spera) e Giardiello pagherà per quanto ha fatto.
"Li ho uccisi per vendicarmi", ha detto subito dopo l'arresto. Non ha premuto il grilletto tredici volte per punire i magistrati. Ce l'aveva con tutti: con le regole, con i soci, con il suo ex avvocato (e con quello nuovo). Con lo Stato. E, forse, con il mondo intero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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