Che fine ha fatto la questione delle assunzioni irregolari dei nuovi dirigenti Rai? È uno dei temi scottanti di cui non si fa cenno nella lunga intervista rilasciata ieri da Antonio Campo dall'Orto, direttore generale della Rai, al quotidiano La Repubblica. Sarà per svista dell'intervistatore, sarà perché il dg non aveva voglia di toccare l'argomento, comunque nel bilancio di un anno e mezzo di lavoro, meritava certamente una riflessione. L'Anac, autorità nazionale Anticorruzione, ha rivelato che, su 21 assunzioni, solo una ha rispettato le procedure. Questi dirigenti occupano posizioni strategiche, anzi praticamente tutti i posti chiavi della Rai attuale. Questione sparita dall'agenda del dg, almeno da come risulta dall'intervista, per lasciare il posto ad affermazioni azzardate come «la politica non mi condiziona» e «la Rai garantisce il pluralismo». Tra le «dimenticanze» anche il flop incredibile del programma del sabato sera ideato da Walter Veltroni Dieci cose che ha fatto perdere punti di share alla media di ascolti del prime time di Raiuno. Invece, nell'elenco dei successi (oltre alla ripetizione ossessiva del rinnovamento di RaiPlay) che il dg si appunta all'occhiello compaiono fiction come I Medici e Schiavone: operazioni importanti e riuscite certo, peccato che siano state ideate e realizzate dall'amministrazione precedente. Tra quelli citati, solo il programma del cantante Mika, quello di Bolle e Stanotte a San Pietro di Alberto Angela, sono da ascrivere agli attuali vertici.
Una intervista, insomma, che ha fatto irritare molti, in maniera trasversale, dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri al senatore del Pd Salvatore Margiotta. «Il maggiordomo di Renzi messo alla guardia della Rai dà un'immagine distorta del servizio pubblico. Difende un pluralismo che ha cancellato avendo fatto una lottizzazione unilaterale. Minimizza i numerosi fallimenti che la Rai ha registrato in questi mesi e la totale mancanza di trasparenza», ha dichiarato il primo. «Nell'intervista non c'è neanche un accenno al tema più caldo, quel piano editoriale volato dai piani alti di viale Mazzini alla redazione dell'Espresso, senza uno stop in Vigilanza Rai e soprattutto senza approvazione da parte del cda, ove peraltro sono state evidenziate numerose perplessità - ha detto il secondo - Una vicenda che ha dimostrato il ruolo evanescente di questa direzione editoriale».
Ma soprattutto ad infuriarsi sono stati,
Fnsi e Usigrai, i sindacati dei giornalisti, che fanno notare che i nuovi vertici «arrivati per innovare, hanno conservato» accantonando sia il precedente piano per l'informazione, sia quello da loro stessi commissionato.
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