Sono ore ad altissima tensione nella maggioranza giallorossa e nel governo. I "pontieri contiani" sono al lavoro per evitare brutte sorprese all’esecutivo sulla relazione-Bonafede, quella relativa allo stato della Giustizia, in calendario il prossimo mercoledì al Senato. La questione è sempre quella: i numeri che non ci sono. In questo caso, addirittura, se non avverranno miracoli dell’ultimo minuto la risoluzione di maggioranza potrebbe andare incontro a una sonora sconfitta in Aula. Perché alcuni senatori che pure hanno concesso la fiducia al governo lo scorso martedì hanno già fatto sapere che voteranno contro la risoluzione. Un disastro, visti i numeri già risicati su cui possono contare i giallorossi. Di "costruttori", quindi, ne serviranno tanti per salvare Bonafede e l’esecutivo.
Per questo alcuni esponenti della maggioranza stanno lavorando alacremente per trovare nuovi senatori disponibili a sostenere il governo. Ma il tempo stringe. Tutto deve essere pronto per mercoledì. O, nel migliore dei casi, per il giorno seguente. Perché qualcuno vorrebbe guadagnare un po' di tempo posticipando di 24 ore la relazione al Senato.Oltre giovedì, però, non si potrà andare perché venerdì 29 gennaio si terrà l'inaugurazione dell'Anno giudiziario. Una decisione in merito verrà presa nella conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama in programma martedì 26 gennaio. Ma anche in questo caso mancano i numeri. Ulteriore testimonianza, questa, della fragilità della maggioranza.
Ovviamente lo slittamento deve essere giustificato in qualche modo. Inizialmente si era vociferato di presunti impegni istituzionali del ministro Bonafede. Tutto smentito dallo stesso titolare del dicastero di via Arenula che, secondo il calendario già stabilito, martedì alle 16 sarà alla Camera per presentare la sua relazione. Un appuntamento che non dovrebbe creare problemi. A far tremare il governo è il passaggio in Senato.
Italia viva ha già fatto sapere di voler votare contro la relazione del ministro. Poi ci sono le posizioni fortemente critiche di Sandra Lonardo, moglie di Mastella, e del socialista Riccardo Nencini. La senatrice a vita Liliana Segre potrebbe non essere presente in Aula. Tutti e tre i parlamentari avevano votato la fiducia. I numeri con il passare dei minuti cambiano. Ed in peggio per il governo.
Anche il senatore Pier Ferdinando Casini dirà "No" alla relazione del Guardasigilli. "Per quanto mi sforzi di essere generoso non potrò certo votare a favore", ha spiegato il senatore che ha aggiunto che "ascolterà con attenzione, ma escludo di poter votare a favore. Sulla giustizia l’esecutivo non si è mosso. Aspettiamo ancora la commissione tecnica sulla prescrizione che aveva promesso il presidente conte, per non parlare delle intercettazioni i cui abusi continuano a piene mani e della vicenda non chiarita della rivolta nelle carceri".
Ecco, allora, che le 24 ore in più potrebbero tornare per trovare altri senatori disposti a puntellare il governo. Ma la strada sembra piuttosto stretta. "Il passaggio in Senato sarà decisivo. Il Guardasigilli dia un segnale sulla giustizia o si va a sbattere. E il segnale che chiedo a Bonafede è quello di una relazione di apertura alle forze a cui si chiede di dialogare, una relazione che non sia solo di rivendicazione sull'operato del passato", ha detto ieri il vicesegretario del Partito democratico, Andrea Orlando. L’esponente dem ha, poi, aggiunto che se si vuole "aprire la maggioranza alle forze che condividono il nostro europeismo; anche nella giustizia si può proporre un impianto europeista".
Orlando vorrebbe convincere i senatori di Iv a ripensarci. Unica porta chiusa sarebbe per Matteo Renzi. Goffredo Bettini, intervenuto ieri nel corso dell’attivo della federazione provinciale di Roma del Pd, è tornato ad invocare quelle forze europeiste, moderate e liberali a disagio nel centrodestra. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha respinto la proposta: "Noi avevamo avanzato la proposta di un governo di unità nazionale, subito esclusa però da Pd e Movimento 5 Stelle. È chiaro che questo rifiuto avvicina il ricorso alle elezioni anticipate".
Renzi non arretra
Questa volta Matteo Renzi non salverà il governo Conte con l'astensione di Italia Viva come accaduto martedì scorso. I suoi senatori voteranno contro la relazione annuale sulla giustizia che il ministro Alfonso Bonafede. Così facendo si confermerà che a Palazzo Madama la maggioranza non c'è più. Renzi non si sottrae allo scontro che una parte del Pd sta portando avanti contro lo stesso ex rottamatore. Se i dem ritengono che il dialogo con Iv sia finito allora ne dovranno pagare le conseguenze.
Secondo Renzi, se non si dovesse ricomporre la vecchia coalizione allora il centrosinistra perderebbe la possibilità di rimanere al governo con una maggioranza politica. E raccattare il voto di qualche "costruttore" non farebbe cambiare il quadro. L’ex premier da tempo ricorda che "Conte non può governare con una maggioranza così ballerina". Per di più lo stesso Renzi sarebbe certo che sul terreno della giustizia, e quindi anche sulla relazione Bonafede, la residua maggioranza di Conte si sbriciolerà. Alcuni senatori che hanno detto Sì la fiducia adesso voteranno contro. In poche parole la maggioranza potrebbe precipitare al 150 voti al Senato. Se ciò dovesse accadere, sarà crisi. Dal Pd spiegano che, con questo scenario, già giovedì il premier dovrebbe salire al Quirinale e dimettersi.
A quel punto si aprirà un nuovo capitolo. Renzi è convinto che non si finirà alle urne, ma si aprirà la partita del governo istituzionale. Ciò provocherà un terremoto nel quadro politico. La "linea Bettini" verrà sconfessata, i 5 Stelle entreranno in corto circuito e Berlusconi potrebbe sganciarsi da Salvini e Giorgia Meloni per senso di responsabilità nazionale. Ma non si può neanche escludere che lo stesso leader della Lega possa entrare nella nuova maggioranza. Ma è presto per dire cosaà accadrà la prossima settimana.
Il M5s pronto ad abbandonare Bonafede
Tra i 5s si fiuta aria di tracollo. E per evitare di affondare con Bonafede pare che i pentastellati siano pronti ad abbondare il Guardasigilli. Perché i destini del ministro e quelli del governo sono legati, anche se difficilmente le loro vicende potranno concludersi entrambe con un esito positivo. "Si dovrà solo capire quando e come lascerà, ma non riusciremo a difenderlo", avrebbe detto qualcuno non lontano dalle posizioni di Bonafede. Sulla relazione che si dovrà votare la Senato potrebbero vincere i contrari. Non va dimenticato che tra i "costruttori" che hanno dato fiducia la governo ci sono molti senatori che si potrebbero definire "moderati". Lontani, quindi, dalle posizioni del ministro.
Pare addirittura che il voto alla Camera, che non dovrebbe dare problemi, possa divenire una sorta di test. Se la maggioranza perdesse pezzi già a Montecitorio, nel Movimento e nel Pd spingerebbero, almeno così fanno intendere voci di entrambe le forze politiche, per un immediato Conte ter in modo da rinviare il test al Senato e cambiare la guida a via Arenula. Il premier, però, non gradirebbe questa soluzione. Ma se cadesse sulla releazione-Bonafede, allora salterebbe tutto. Qualcuno, come racconta La Stampa, pare che stia cercando di persuadere il premier ad anticipare le sue dimissioni addirittura a martedì, così da evitare un possibile indebolimento della maggioranza alla Camera.
Di Conte ter ha anche parlato Bruno Tabacci al termine del suo incontro a palazzo Chigi con Luigi Di Maio. Il leader di Centro Democratico ritiene che un cambio di passo nel segno di una nuova stagione garantista sia un elemento cardine dell'operazione di allargamento della maggioranza. Ma Bonafede non è l’unico big 5s a rischiare. Iniziano a farsi insistenti le voci che vedrebbero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, sostituito da Stefano Patuanelli che lascerebbe lo Sviluppo Economico a Stefano Buffagni. Tra i pentastellati pare che sia forte la voglia di salvare la legislatura. Anche a costo di sacrificare che il Guadasigilli.
Boccia ed il voto anticipato
Il voto anticipato. Una possibilità temuta da molti, sia nella maggioranza che nell’opposizione. "Una sciagura", per Orlando mentre per Bettini rappresenta "l'ultima risorsa" anche se "alla fine questa cosa che le elezioni non si possono mai fare non deve diventare motivo per ingoiare tutto, sarebbe il massimo della subalternità ingoiare tutto in nome della considerazione delle elezioni come colpo di Stato". Ma il ritorno alle urne resta un'ipotesi sul tavolo.
"La crisi si risolve in Parlamento" perché altrimenti "il pericolo è il voto" ha ripetuto a Skytg24 il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia. "O noi troviamo le ragioni di questa alleanza sociale che abbiamo costruito un anno fa, oppure mi pare evidente che non c'è una strada alternativa al giudizio degli italiani. Non è una minaccia, ma una considerazione", ha aggiunto l’esponente dem. "Noi ci siamo sempre stati, Renzi lo sa. Possiamo confrontarci in qualsiasi momento, il problema è non farlo con un ricatto, questo non è accettabile", ha chiarito Boccia. "Si può sempre trovare una soluzione - ha ammesso- ma da Iv non vedo passi indietro". Per il ministro dem sarebbe necessario che Renzi "rivedesse la valutazione politica" che ha portato alle dimissioni delle ministre Bellanova e Bonetti. Quella delle urne è un'ipotesi che non piace però a una larga parte del Pd, dai sindaci all'ex ministra Marianna Madia, da Oddati a Andrea Alfieri, che vorrebbero ricucire i rapporti con il leader di Italia viva.
Il voto anticipato è stato ventilato anche dal capo politico M5s Vito Crimi che, secondo l'Ansa, chiamando al voto gli iscritti per la nuova governance è sembrato lanciare un segnale al Movimento: farsi trovare pronti in vista un'eventuale campagna elettorale.
Però il pensiero dell’esponente pentastellato potrebbe nascondere un messaggio rivolto ai possibili "costruttori" e ai tanti dubbiosi: o agite subite o tutto corlla e, di conseguenza, il vostro posto in Parlamento potrebbe essere a rischio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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