I proprietari di casa non sono una Onlus

Il blocco degli sfratti ci dice molto della situazione in cui ci troviamo

I proprietari di casa non sono una Onlus

Il blocco degli sfratti ci dice molto della situazione in cui ci troviamo. Se la crisi economica causata dalle misure introdotte con l'obiettivo di contrastare il diffondersi del Covid-19 è servita da pretesto per impedire la riconsegna degli immobili ai legittimi titolari, questo ha avuto luogo in quanto il diritto si trova in grave difficoltà. Dietro quindi alle più che fondate ragioni economiche che sono invocate da quanti criticano il blocco degli sfratti (che colpisce il risparmio, disincentiva ogni iniziativa, accresce l'incertezza), ve ne sono di propriamente giuridiche.

Come tra gli altri rilevò Frédéric Bastiat, ormai la proprietà è solo il prodotto della legislazione. Per questa ragione si ritiene che se una legge ci riconosce titolari dei beni che sono nostri, un'altra legge può limitare tutto ciò e un'altra ancora può espropriarci. Se il diritto è solo costruito perché coincide con la libera volontà del legislatore, ormai nostro titolo è fragile e privo di fondamenta. Nel momento in cui si decide un blocco degli sfratti, per giunta, la dissoluzione della proprietà coincide con il dissolversi dell'altro pilastro fondamentale della società liberale: il contratto. Se infatti abbiamo decisioni governative che permettono il mancato rispetto degli impegni assunti, l'autonomia negoziale è ormai un ricordo. Ma quando il contratto viene meno, a dissolversi è quell'eguaglianza dinanzi al diritto che ne è il presupposto. A questo punto un soggetto gode della facoltà di violare gli impegni assunti, mentre l'altro deve subirne le conseguenze. Tutto ciò viene per giunta giustificato dalla situazione eccezionale in cui ci si trova, dato che in questo «stato di eccezione» il governo ha bloccato molte attività e in tal modo ha inaridito molte fonti di entrata. Tanti esercenti che oggi sono morosi, in effetti, sono tali perché le scelte compiute dal governo hanno impedito loro di lavorare e spesso senza una logica: basti pensare all'intero comparto delle palestre, prima obbligate a significativi investimenti per adeguarsi alle normative e poi chiuse d'imperio. Da decenni l'intreccio tra Stato ed economia privata si realizza a vari livelli a vari livelli. Esso ha luogo nell'affermarsi di un crony capitalism che vede taluni grandi gruppi industriali e finanziari saper trarre beneficio dall'ampliarsi del potere governativo, ma oggi vediamo pure come il potere politico imponga ad alcuni soggetti privati (i risparmiatori che hanno investito nel mattone) una funzione solidaristica che prima era assolta direttamente dai poteri pubblici. In sostanza, quello che si è costretti a constatare è che lo stato di emergenza ha annullato i diritti fondamentali, non più riconosciuti tali.

Se però un diritto è cruciale, è perché deve essere rispettato proprio in circostanze come queste. Oggi invece constatiamo che ogni nostro presunto diritto è solo una concessione di quanti ci governano, ma in questo degrado dell'ordinamento quella che sta venendo meno è la stessa la possibilità di cooperare.

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