I quadri da record di Biden jr (e nuova bufera su papà Joe)

Mezzo milione per i dipinti del figlio del presidente Usa, ma acquisti anonimi. Washington: non c'è conflitto di interessi

I quadri da record di Biden jr (e nuova bufera su papà Joe)

La pecora nera di casa Biden, Hunter, secondogenito del presidente Joe, rischia di portare nuovi guai in famiglia e ora anche alla Casa Bianca abitata dal padre che - parole dello scapestrato Hunter - non lo ha mai giudicato né abbandonato. Dopo il grande trauma dell'infanzia, l'incidente d'auto in cui rimase ferito all'età di due anni mentre la madre e la sorella morirono, dopo un passato di alcolismo e tossicodipendenza svelato nell'autobiografia «Cose belle», dopo il dolore per la morte del fratello Beau ucciso da un tumore e mentre si trova sotto indagine per sospetti illeciti fiscali e riciclaggio legati ad affari con l'estero, emersi in seguito alle accuse di illegalità in Ucraina mosse da Donald Trump ma mai provate, l'avvocato Biden, 51 anni, investitore ed ex lobbista, stavolta finisce nel tritacarne per la sua attività artistica. I quadri realizzati dal figlio del presidente, autodidatta, finiranno per la prima volta in vendita alla Georges Bergès Gallery di New York in autunno. Ma è il prezzo dei dipinti e l'ombra di possibili acquirenti interessati a fare pressioni sull'Amministrazione Biden a far alzare il sopracciglio a molti in queste ore negli Stati Uniti. I prezzi delle opere - dipinti a olio, acrilico e inchiostro, disegni e collage - andranno dai 75mila ai 500mila dollari. Sovrastimati, secondo tanti professionisti, che denunciano l'abuso del cognome più importante del pianeta.

Tentando di spegnere il fuoco che si sarebbe acceso dopo l'annuncio, la Casa Bianca ha cercato di prevenire i rischi che le opere siano usate per esercitare influenze esterne sulla presidenza. Lo staff di Joe Biden si è messo di mezzo fra la galleria e l'artista Hunter, aiutando a redigere un contratto che stabilisce la riservatezza delle acquisizioni. Neanche il pittore Biden saprà chi compra i suoi lavori. Sarà il gallerista Georges Bergès a conservare tutti i registri delle transazioni, comprese le identità di offerenti e acquirenti. Bergès avrebbe anche accettato di rifiutare qualsiasi offerta sospetta o che superi il prezzo richiesto.

Ma i dubbi restano. Legati alla permeabilità di un meccanismo nel quale potrebbero inserirsi potenze straniere per condizionare l'inquilino della Casa Bianca. D'altra parte non sarebbe la prima volta che gli affari del figlio si intrecciano con le questioni politiche di papà Joe. Dopo la specializzazione in legge a Yale, Hunter venne assunto dalla Mbna Bank, nota per le sue ricche donazioni alle campagne elettorali dell'allora senatore Biden. Dal '98 al 2008 il secondogenito dell'attuale presidente lavorò prima al Dipartimento del Commercio guidato da un amico del padre, il banchiere William Daley, ai tempi di Bill Clinton, e poi per l'ex consigliere di papà Joe, William Oldaker, con cui ha cofondato una società di lobbying. Ora su di lui pesano i sospetti di essere il più permeabile della famiglia alle intrusioni delle grandi potenze rivali degli Stati Uniti, Cina e Russia, attraverso il fondo di private equity Rosemont Seneca Partner e dopo la sua attività, dal 2014 al 2019, nel cda di Burisma Holdings, uno dei maggiori produttori privati di gas naturale in Ucraina. Gli inquirenti americani indagano per capire se Hunter abbia violato le leggi fiscali per fare affari in Paesi stranieri.

E i Repubblicani giurano che torneranno all'attacco del figlio turbolento del vecchio Joe. Convinti che Hunter abbia imparato l'arte - ma quella di commettere illeciti per arricchirsi - e l'abbia messa da parte per la presidenza di papà Joe.

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