I razzi su Kiev al consiglio Onu. Uccisa la reporter anti-Putin. Attacco ucraino in terra russa

Mosca: "Abbiamo colpito una fabbrica di missili". Il blitz sarà al centro del prossimo summit delle Nazioni Unite. Sdegno Ue

I razzi su Kiev al consiglio Onu. Uccisa la reporter anti-Putin. Attacco ucraino in terra russa

Fermo restando il dramma personale e il dolore dei familiari, la tragedia per la morte di una giornalista può voler dire «poco» o tanto. Nel caso della reporter ucraina di Radio Svoboda, Vera Girich, 55 anni, vuol dire tanto. E non semplicemente perché Svoboda significa (tradotto in italiano) Libertà, ma perché la fine di Vera è l'ennesima metafora di una «trattativa di pace» che - «di pace» - non ha più nulla, se non il riflesso del suo esatto contrario: guerra, sempre e comunque. Tutto il resto è propaganda, fake news, e ipocrisia; insomma, l'apoteosi demagogica di una diplomazia di facciata, poggiata sulle macerie degli edifici squarciati dalle bombe. Tra le migliaia di sacchi neri riempiti di cadaveri e i labirinti sotterranei delle fosse comuni.

La risposta della Ue? «Sdegno»; e quella dell'Onu? «Un dibattito al Consiglio di sicurezza della prossima settimana». Un po' poco. Idem per il portavoce del governo tedesco, Wolfgang Buechner, non va al di là di una frase di circostanza: «Condanniamo con la massima durezza il lancio di missili che hanno colpito l'altroieri Kiev durante la visita del segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres. Questo dimostra che la Russia non ha rispetto del diritto internazionale». Anche Parigi ha condannato gli «attacchi indiscriminati». Intanto, anche ieri, accuse reciproche di bombardamenti, con gli ucraini a segnalare missili russi su Odessa (dove dall'1 al 3 maggio è stato proclamato un coprifuoco totale, per l'anniversario della strage del 2014), e il Cremlino a rivendicare la «distruzione di una fabbrica di missili» e a denunciare l'«attacco contro un checkpoint nel distretto di Rylsky, nella regione di Kursk, al confine con l'Ucraina». Uno scenario di morte destinato ad ampliarsi se è vero che neanche la visita a Kiev del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha fermato i raid dei russi. Nonostante gli annunci «rassicuranti» di Biden, che dice: «Garantiremo a Zelensky nuove armi e altri 33 miliardi». Armi e soldi, eccolo il binomio sui cui si gioca la guerra in Ucraina. Oggi più che in qualsiasi altro precedente conflitto bellico. Sullo sfondo due parole: una parola - solo apparentemente insignificante - di appena tre lettere (gas); l'altra - semisconosciuta fino all'invasione di Putin - un po' più lunga (sanzioni), otto lettere: una meno di quelle che formano il termine «boomerang», su cui rischia di farsi male l'Europa. Forse pure Vera Girich era conscia di questo pericolo. Un racconto che non potrà più fare dopo essere rimasta uccisa nel blitz che ha raso al suolo l'edificio residenziale di Kiev dove stava compiendo il proprio dovere di cronista. Girich lavorava pure per il canale televisivo 1+1: il razzo che ha sventrato il palazzo non le ha consentito di mandare in onda l'ultimo reportage, ma sono decine i servizi che dimostrano la passione e la competenza con cui Vera svolgeva la sua professione: suo, ad esempio, lo scoop sul «soldato stupratore». Vera è morta nello stesso giorno in cui il segretario generale dell'Onu era in visita nella capitale ucraina; e appena 24 ore prima Guterres aveva parlato a Mosca con Vladimir Putin: una coincidenza che spiega più di tante analisi geopolitiche.

In un ritratto dell'inviata pubblicato sul canale Telegram di Radio Svoboda, si spiega che Girich «lavorava all'emittente dal febbraio 2018, dopo aver lavorato in precedenza nei principali canali televisivi ucraini». Radio Svoboda la definisce «una persona brillante gentile, una vera professionista». Altri colleghi scrivono che «odiava Putin».

Arduo trovare un cittadino ucraino che non ne condivida il medesismo sentimento.

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