I "resistenti di Palazzo" appesi a voucher e vitalizi

Bersaniani e centristi in tilt: non possono far cadere il governo perché non vogliono le urne

I "resistenti di Palazzo" appesi a voucher e vitalizi

Roma - Il paradosso di questa fine di legislatura è che chi vorrebbe farla durare come un vitalizio, non può neppure far cadere il governo per ripicca. Altrimenti condannerebbe se stesso alle urne ancora più in anticipo.

È il tipico caso di Angelino Alfano, leader in corto circuito che non sa più cosa inventarsi per far pesare il disappunto per l'annunciata sparizione di Ap, ben lontana dal tetto del 5 per cento prevista dal sistema tedesco. Ma non è certo l'unico dei «resistenti» della legislatura. Stesso problema hanno affrontato ieri i bersanian-dalemiani di Mdp, che dovevano decidere il da farsi sulla questione dei voucher, inopinatamente inseriti dal governo nella manovrina. Un vulnus democratico e una «truffa» ai danni del referendum della Cgil, secondo gli uomini di Speranza, sicuri di non «voler essere dentro questo passaggio perché non vogliamo essere corresponsabili». Alla fine, è prevalsa la questione di principio, e quindi il fermo «no» alla fiducia chiesta dalla maggioranza. Ma se alla Camera il provvedimento è passato lo stesso in carrozza (astenuta persino, per la prima volta, la casiniana Binetti, Udc), a Palazzo Madama i numeri sono risicatissimi e i 15 senatori di Articolo 1 pressoché indispensabili (senza, la maggioranza si ferma ben sotto i 155 favorevoli). Di qui al 13-15 giugno, quando il provvedimento dovrà andare in aula, sarà probabile vederne delle belle anche perché al Senato l'astensione vale come voto contrario. I bersaniani si attendono «correzioni» capaci di riconquistarli alla Causa (ma anche di far ritornare la manovrina alla Camera).

La «Resistenza» alle urne anticipate è un sentimento impalpabile ma assai diffuso, tra i tacchini che non prediligono la fine del razzolamento nell'aia. Prova ne sia la triste questione dei vitalizi, la cui nuova legge di abrogazione, nella versione del piddino Richetti accettata dai grillini, attendeva alla Camera di essere votata al più presto. Invece slitterà al 20 giugno, dopo l'esame della legge elettorale. E nel frattempo l'ufficio di presidenza del Senato ha dato ieri mandato ai tre questori di fare la sintesi delle dodici proposte presentate in materia di vitalizi. Così le somme saranno tirate tra un mesetto. Ma il termine non è ultimativo: l'armonizzazione tra i quattro disegni di legge presentati dalla grillina Bottici (un po' indecisa), quella della pd Saggese, l'altra del forzista Gasparri e le due di senatori del Misto potrebbe richiedere anche un po' più tempo, e dunque sarà facile che slitti a dopo la pausa estiva. Quindi, forse, a Camere sciolte. Temporeggiamento non sfuggito ai grillini, che lo rilanciano già come tema di campagna elettorale. «Tutta fuffa, vogliono tenersi i privilegi», attacca la Bottici, una dei tre questori incaricati.

«Avevamo chiesto di anticipare di sette giorni la discussione - spiega intanto il deputato Fico -, come primo punto dopo la legge elettorale, ma il Pd fa auto-ostruzionismo, e non ha voluto. Spera forse che finisca la legislatura per non approvarle mai... fanno melina in modo scandaloso». Tra chi corre e chi si lascia trascinare a viva forza, squadra assai sfilacciata, si direbbe.

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