I silenzi rossi sul compagno morto per Putin

Edy Ongaro era un comunista e non ricordarlo è innanzitutto un oltraggio alla sua memoria. In nome di quell'ideale aveva deciso di combattere dalla parte sbagliata, cioè quella di Putin

I silenzi rossi sul compagno morto per Putin

Edy Ongaro, italiano morto combattendo con i miliziani filo russi del Donbass, non era solo un ultras del Venezia, come certa stampa lo ha frettolosamente etichettato, per evitare imbarazzi. Meglio fermarsi lì, al massimo derubricarlo come un matto che aggrediva le cameriere in preda ai fumi dell'alcol (reato per il quale era latitante).

Invece Edy Ongaro - oltre a tutto questo - era un comunista e non ricordarlo è innanzitutto un oltraggio alla sua memoria. In nome di quell'ideale aveva deciso di combattere dalla parte sbagliata, cioè quella di Putin.
«Il sacrificio di Edy mostri la forza del proletariato che saprà portare al trionfo del comunismo» così lo ricordano i suoi compagni del Collettivo Stella Rossa. E lui stesso, nel suo ultimo post, annunciava l'arrivo di «piombo per i fascisti». Che, dal suo punto di vista sarebbero gli ucraini, che fascisti non sono. Ma poco conta. Nel furore dell'ebbrezza bellica tutto fa brodo, tutto è carne da macello.

La sua tragica morte ci ricorda che in questo conflitto tutte le cariatidi delle ideologie del Novecento si mischiano all'impazzata - dal nazionalsocialismo al comunismo - sia da una parte che dall'altra. Impossibile tracciare una linea netta, dividere tutto in un sistema binario tanto tranquillizzante quanto fallace. Il racconto di una certa sinistra vorrebbe rimuovere il legame tra il mondo post marxista e la Russia e negare la fascinazione estremista per ogni forma di autoritarismo, attribuendo la difesa del regime di Mosca solo a un gruppetto sparuto di sciamannati rosso-bruni o, aggrappandosi con le unghie, alla scampagnata di Salvini e Savoini all'ombra del Cremlino. Troppo comodo.

La morte di Ongaro sfilaccia il velo dell'ipocrisia, rompe il muro del silenzio che circonda la legione straniera dei comunisti che combattono nel nome dello zar e della falce e martello. Figli dell'Occidente, ma nemici dell'Occidente e della sua cultura, nel nome di un'ideologia criminale.

Non un'anomalia, ma una storia nota e coerente con le proprie radici.
E quella sinistra sempre riflessiva sulle grane altrui, potrebbe approfittarne per aprire un dibattito al proprio interno. Magari facendo i conti, una volta per tutte, con i fantasmi del suo passato.

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