Dal governo polpetta avvelenata per gli insegnanti: più soldi in busta paga, più ore di lavoro.
Come al gioco delle tre carte, lo Stato si fa banco e vince sempre. Stavolta lasciando all'asciutto il personale docente che già pregustava stipendi più carnosi, come annunciato dal premier Paolo Gentiloni per tutti gli statali e dalla ministra della pubblica istruzione Valeria Fedeli per il mondo della scuola. Tutto vero, ma col trucco. Perché per gli insegnanti gli incrementi salariali potrebbero essere legati alla richiesta di garantire ulteriori ore lavorative. E la trattativa, che sembrava prossima alla firma, resta in alto mare. Col pericolo, sempre più simile a certezza, che non si farà in tempo a suggellare l'accordo entro febbraio, come sperava il leader Pd Matteo Renzi per poter giocare qualche jolly in campagna elettorale. Invece palazzo Chigi rischia di ritrovarsi in guerra con i prof, sulle barricate dai tempi della riforma renziana della «Buona scuola».
A far da detonatore, stavolta, la decisione di inserire nel contratto la possibilità per i dirigenti scolastici di chiamare un docente a nuove collaborazioni. Si tratterebbe, per lo più, di attività già oggi svolte: far parte dello staff di presidenza, partecipare alla somministrazione dei test Invalsi, curare l'orientamento degli studenti o le ore di recupero. Tuttavia, con la contrattualizzazione, a fronte d'un riconoscimento economico, le stesse diverrebbero obbligatorie. Così alle ore frontali di cattedra (18 per la media e le superiori, 24 per le elementari, 25 per la scuola dell'infanzia) ed a quelle funzionali all'insegnamento andrebbero ad aggiungersi quelle organizzative ed amministrative e per il potenziamento dell'offerta formativa. In cambio, dopo dieci anni di blocco delle retribuzioni, 57 euro lordi ai neoassunti, 88 ai loro colleghi a fine carriera. «È la valorizzazione della categoria di cui parla la ministra Fedeli», osserva sarcastico Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, bocciando la proposta governativa: «Si va avanti con il canovaccio di sempre. Anche per questo confermiamo l'intenzione di scioperare due volte: a fine mese e a febbraio». Sul piede di guerra pure i confederali: «Non possiamo accettare un contratto in cui esiste l'obbligo di un numero imprecisato di ore, da retribuire con il salario aggiuntivo: qualora dovesse essere confermato questo schema, non firmeremo», chiude Pino Turi, segretario nazionale Uil scuola. Critica anche la Cgil, l'unico spiraglio di dialogo aperto resta quello con la Cisl: «Siamo nel tritacarne della campagna elettorale. La questione dell'orario non è stata al momento affrontata».
Se ne riparlerà nei prossimi giorni, ma un dato appare scontato: gli insegnanti italiani, i cui stipendi sono già
oggi sotto la media dei paesi Ocse (da noi alle superiori si inizia con una busta paga di 25.000 euro, il doppio in Germania), continueranno ad essere sottopagati rispetto ai loro omologhi europei. Figli di un dio minore.
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