I Socialisti contro Ursula: "No a ruoli forti per Fitto". Minaccia Ppe: senza di noi bocciati i commissari S&D

Contatti Meloni-Weber a favore dell'esponente Ecr. Il Pd non chiude. Zingaretti: bene incarico all'Italia

I Socialisti contro Ursula: "No a ruoli forti per Fitto". Minaccia Ppe: senza di noi bocciati i commissari S&D

Il dato fattuale è inoppugnabile. E dice che Ursula von der Leyen ha deciso di rinviare l'incontro di oggi con i capigruppo dell'Europarlamento a cui avrebbe dovuto presentare la squadra (e le deleghe) dei 26 commissari della nuova Commissione Ue. Tutto rimandato a martedì, a margine della sessione plenaria a Strasburgo.

Fin qui la cronaca. A cui seguono due versioni discordanti. La prima è quella ufficiale, secondo cui il rinvio è dovuto al ritardo della Slovenia, che solo 48 ore fa ha proposto come commissario l'ex ambasciatrice Marta Kos al posto di Toma Vesel, venendo incontro alla richiesta di von der Leyen di una Commissione più equilibrata dal punto di vista del genere. Nomina che però il Parlamento sloveno deve ancora approvare e che, dunque, non è formalizzata. Di qui lo slittamento. La seconda versione è che von der Leyen è stata costretta a rimandare a causa del veto di Socialisti, Liberali e Verdi che si oppongono all'ipotesi di assegnare al commissario italiano Raffaele Fitto una vicepresidenza esecutiva, ruolo ritenuto troppo pesante per un esponente dei Conservatori di Ecr (che non fanno parte della «maggioranza Ursula» e hanno votato contro il bis).

La verità, come spesso accade, sta più probabilmente nel mezzo. Da una parte von der Leyen vuole davvero assegnare una vicepresidenza esecutiva a Fitto per avvicinare Ecr e sottrarla al richiamo della destra estrema dei Patrioti di Viktor Orbán, Marine Le Pen e Matteo Salvini. Il tutto con un occhio al quinquennio 2024-2029 che la nuova Commissione ha davanti: un lustro che si apre con le presidenziali americane del 5 novembre, che non è escluso possano vedere una vittoria di Donald Trump, e prosegue con le elezioni federali in Germania del 28 settembre 2025, quando l'ultradestra criptonazista di Alternative für Deutschland potrebbe diventare secondo partito del primo Paese Ue per numero di abitanti e Pil. Dall'altra parte, come è normale che sia, i Socialisti di S&D, i Liberali di Renew e i Verdi fanno fronte comune per opporsi e, magari, ottenere deleghe più pesanti. In mezzo c'è von der Leyen che, banalmente, ha deciso di usare la formalità della procedura slovena per guadagnare una settimana e limare la squadra (e gli spigoli). In che direzione lo sapremo davvero solo martedì, quando la due volte presidente della Commissione formalizzerà le deleghe dei commissari.

In casa Ecr - e anche a Palazzo Chigi - al momento non si registra un particolare allarme. Certo, il rinvio non è stato gradito. Ma per ora resta la convinzione che sia dovuto alla necessità di S&D di «elaborale il lutto» e ritrovarsi con un vice esecutivo di Ecr. E intanto alzare il tiro per portare a casa deleghe più pesanti. I Socialisti, infatti, esprimeranno solo quattro commissari su 26 contro i nove della scorsa legislatura (di cui un vicepresidente esecutivo e due vicepresidenti semplici) e ora chiedono portafogli di peso. In particolare per la spagnola Teresa Ribera. E poi ci sarebbe anche la questione del Lussemburgo, dove il primo ministro conservatore Luc Frieden ha indicato Christophe Hansen (Ppe) invece dell'uscente Nicolas Schmit (Pse e soprattutto spitzenkandidat dei Socialisti alle Europee di giugno). Non è un caso che proprio ieri il presidente del Pse, l'ex premier svedese Stefan Löfven, abbia minacciato un possibile voto contrario. Argomentandolo non solo con l'intenzione di von der Leyen di «portare proattivamente l'Ecr nel cuore della Commissione» ma anche criticando la scelta (in verità del governo lussemburghese) di «ignorare il processo degli spitzenkandidat».

Su questo fronte, però, il Pd - numericamente la prima delegazione dentro S&D - ha un approccio più soft. Dovuto a diversi fattori. Dall'ottimo rapporto con Fitto (fu lui nel 2019 a fare le domande al «candidato» commissario Paolo Gentiloni in commissione Econ e poi appoggiare il via libera di Ecr che era apertamente all'opposizione), alla necessità di non passare come il partito che rema contro a un candidato italiano che ambisce a una vicepresidenza esecutiva. Antonio Decaro, mister preferenze dem alle Europee, ha già detto che lo sosterrà, ma magari sono «questioni» pugliesi. Però ieri anche Nicola Zingaretti, capo delegazione del Pd in Ue, non ha usato toni ostili (e la sua dichiarazione è stata concordata con Elly Schlein). «Nessun pregiudizio. Ben venga un ruolo di peso a un Paese fondatore come l'Italia, purché Fitto - ha detto - dia garanzie di europeismo».

Sullo sfondo resta il braccio di ferro in corso sulle deleghe dei commissari.

Con un dettaglio che sarebbe stato oggetto di alcuni colloqui tra Giorgia Meloni e il presidente del Ppe, Manfred Weber: se S&D si mette davvero di traverso, i Popolari - e i numeri sono dalla loro - impediranno ai quattro «candidati» commissari socialisti di arrivare ai due terzi dei consensi necessari a passare l'esame nelle commissione del Parlamento Ue. Eventualità non di scuola, visto che nel 2019 i bocciati sono stati tre.

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