"Quando i proiettili dei talebani hanno cominciato a fischiare vicino a casa ho deciso di scappare verso Kabul. Kandahar è sotto attacco e se mi prendono mi ammazzano. Ho paura per mio figlio di 5 mesi e mia moglie. Solo l’Italia può salvarci", racconta Alì H., uno degli interpreti che ha lavorato per il nostro contingente e spera di venire evacuato nel nostro Paese. Prima di fuggire, pochi giorni fa, mandava messaggi drammatici sui talebani che stanno avanzando nella periferia della seconda città del Paese. Kandahar è la “capitale” spirituale degli studenti guerrieri e del sud del paese a maggioranza pasthun. Il Mullah Omar, quando i suoi uomini controllavano il 90% del Paese nel 1996, si era insediato nell’ex palazzo del re. E proprio a Kandahar aveva ospitato in un compound trasformato in fortino Osama bin Laden.
Non è un caso che i talebani stanno concentrando uomini attorno alla città e hanno già cominciato ad attaccare da sud, ovest e nord verso la zona dello stadio e piazza Shaheedin. Negli ultimi due giorni gli americani hanno riesumato i radi aerei colpendo soprattutto attorno a Kandahar per distruggere l’artiglieria catturata all’esercito afghano e utilizzata dagli studenti guerrieri per aprirsi un varco. Dall’inizio dell’offensiva sulla città sarebbero già stati lanciati 20 attacchi suicidi.
Negli ultimi tre mesi sono caduti quattro distretti strategici attorno a Kandahar: Arghandab, Dand, Shah Wali Kot e Zhari. Dalla provincia di Farah, un tempo controllata dai soldati italiani, gli insorti hanno superato il fiume penetrando in periferia. “Sono arrivati a casa mia travolgendo l’ultimo posto di blocco governativo a 200 metri", racconta Alì riparato a Kabul.
L’obiettivo dei talebani è tagliare la strada principale per la capitale e quella verso l’aeroporto ancora in mano governativa. Nell’area dovevano esserci 5mila uomini delle forze di sicurezza afghane ma, quando è caduto Spin Boldak, il posto di frontiera con il Pakistan, che ha aperto la strada ai talebani verso Kandahar, solo un migliaio erano in linea pronti al combattimento. Secondo una fonte internazionale del Giornale gran parte delle truppe esistevano solo sulla carta per i salari pagati, ma non come reali effettivi. I 600mila abitanti di Kandahar sono in fuga o chiusi in casa per timore dei combattimenti.
Il ministero della Difesa di Kabul ha reagito alla propaganda talebana che sostiene di controllare il 90% delle frontiere afghane e tre quarti del Paese. “Non è vero. La maggior parte del territorio è in mani governative e stiamo riconquistando aree perdute” sostiene il portavoce Fawad Aman. La situazione, però, rimane critica. Lo stesso capo degli Stati maggiori riuniti Usa, il generale Mark Milley, ammette che i talebani hanno colto “un momentum strategico controllando metà dei distretti del Paese”, ovvero 219 su 421. Nella provincia di Kandahar occupano 13 distretti su 16 e se i governativi controllano tutte le grandi città ben 16 capoluoghi provinciali su 34 sono sotto attacco. Oltre a Kandahar anche centri come Ghazni e Kunduz potrebbero venire occupati nelle prossime settimane. Pure la capitale, Kabul, rischia di venire isolata e 18 province potrebbero cadere del tutto nelle mani degli insorti.
Ieri la Cnn ha rivelato l’orribile fine di Suhail Pardis, un interprete di 33 anni, minacciato via telefono: “Sei una spia degli americani, un infedele, la pagherai”. Il 12 maggio è stato fermato ad un posto di blocco degli insorti sulla strada per Khost dove voleva raggiungere la sorella. Nel disperato tentativo di fuggire l’automobile è stata crivellata di proiettili finendo fuori strada. I talebani lo hanno tirato fuori ancora vivo scoprendo che era un traduttore degli americani.
Anche in altri casi sembra che usino l’avanzata attrezzatura di riconoscimento biometrico e delle impronte digitali sequestrato nelle razzie di basi afghane e Nato. I talebani lo hanno decapitato senza pietà. Gli americani stanno preparando il trasferimento di 35mila collaboratori afghani e familiari verso due basi in Kuwait e Qatar per controllarli e poi portarli in salvo negli Usa.
L’Italia deve ancora evacuare 390 afghani fra collaboratori, interpreti e familiari dopo i primi 228 arrivati in Italia con l’operazione Aquila. E ci sono ulteriori 300 richieste di aiuto compresa quella di Alì, fuggito da Kandahar.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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