Cercasi disperatamente segnali confortanti. Il governo guarda con attenzione alla diminuzione dei tamponi positivi dal 16 al 14% e alla curva lievemente più confortante delle terapie intensive. Si spera in una stabilizzazione del contagio e dunque di evitare un nuovo lockdown nazionale.
A meno di una recrudescenza improvvisa e violenta un coprifuoco simile a quello di marzo non ci sarà, al massimo si adotteranno soluzioni light che cercheranno di tenere in piedi il sistema produttivo. Quindi imprese, fabbriche e professioni potrebbero continuare la propria attività, mentre si procederebbe alla chiusura di ulteriori tipologie commerciali, a partire dai ristoranti, i grandi magazzini e alcune tipologie di negozi.
Giuseppe Conte ieri ha fatto il punto con i capi delegazione di maggioranza, con il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli. Un incontro interlocutorio in vista di una analisi compiuta dei dati che avverrà domani. Nel faccia a faccia, comunque, è stato chiesto ai membri del Cts di fornire dati non interpretabili in modo da poter contare su meccanismi automatici e non contestabili al contrario di quanto avvenuto fino ad ora con l'esplosione di rabbia di alcuni presidenti di Regione.
I ministri Roberto Speranza e Dario Franceschini spingono per la linea dura e per soluzioni nazionali, il presidente del Consiglio e il viceministro Pierpaolo Sileri frenano. La linea al momento resta quella delle soluzioni chirurgiche con una differenziazione tra regioni. Entro domenica, 15 novembre, stando ai dati, il governo prevede che i tre quarti delle regioni possano trovarsi in fascia arancione o rossa. Di sicuro dopo aver chiesto al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese di adottare un approccio più deciso contro gli assembramenti, verrà dato maggiore potere ai prefetti affinché chiudano piazze e controllino le vie più frequentate, in assenza di una indicazione da parte dei sindaci, con interventi e sanzioni dissuasive. Il nodo più delicato resta quello della Campania dove è possibile che si adottino zone rosse mirate per circoscrivere le aree più critiche come Napoli e Caserta.
Il rimpallo di responsabilità ha lasciato la Regione guidata da Vincenzo De Luca in zona gialla, il ministero della Salute continua però le sue ispezioni e verifiche sui numeri. Ora pare che siano in particolare i Cinquestelle a tenere alto il pressing su Conte affinché proceda alla chiusura di queste due città, con un'ordinanza di Speranza oppure convincendo il presidente di Regione ad agire. Per il resto nelle intenzioni dell'esecutivo si vorrebbe procedere a colpi di moral suasion affinchè i governatori di regioni attualmente «gialle» emanino ordinanze con misure più restrittive.
«Un lockdown nazionale lo escludo, salvo che i dati di domani non mostrino in tutte le regioni, in maniera omogenea, una rincorsa del virus non sostenibile per cui altre regioni debbano diventare di colore rosso. Con 21 sistemi regionali rossi è chiaro che è un lockdown nazionale, ma è francamente molto improbabile» dice a Sky Tg24 Pierpaolo Sileri.
«È verosimile invece aggiunge - che altre regioni meritino un innalzamento di livello di guardia e possano divenire arancioni e qualcuna rossa, ma aspetterei venerdì, quando arrivano i dati del report settimanale». E sul Natale è già calata la scure della sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, che ipotizza ci si possa riunire soltanto con i parenti di primo grado.
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