È a dir poco probabile che se negli Anni Venti del secolo scorso fossero esistiti i social, lo scienziato scozzese Alexander Fleming sarebbe stato accusato di essere prono agli interessi delle grandi case farmaceutiche del tempo per aver inventato il primo antibiotico della storia, la penicillina. I social, si sa, funzionano così. Privilegiano la logica oppositiva, si nutrono delle trame più oscure, non distinguono tra il vero e il falso. Anzi, dei falsi vanno particolarmente ghiotti: una ricerca del Mit di Boston ha infatti certificato che le notizie false su Twitter si propagano sei volte più velocemente di quelle vere. Più la spari grossa, più seguito ottieni.
Fortunatamente, il buonsenso di cui ogni esponente della classe dirigente dovrebbe disporre e le principali pubblicazioni che ogni esponente della classe dirigente dovrebbe aver letto ci invitano a guardare con un certo scetticismo a quel che più infiamma i social. E non solo perché si tratta spesso di teorie estreme il più delle volte estremamente fuorvianti, ma soprattutto perché le tesi che nel mondo virtuale dei social media appaiono maggioritarie sono non infrequentemente minoritarie nella società reale. Stupisce, dunque, che non siano pochi i leader politici e gli intellettuali che in materia di vaccini e di politiche sanitarie connesse vellichino la pancia dei social evidentemente convinti che corrisponda alla pancia del Paese. Stupisce e inquieta anche un po'. Ma quel che più irrita è che politici oggi inclini all'estremismo e intellettuali ieri adepti al comunismo abbiano preso a giustificare questa loro evidente, ed evidentemente malintesa, ricerca della popolarità con una presunta difesa di inalienabili principi liberali. Nientemeno.
«Non è liberale!», dicono del green pass e di altre misure del governo Draghi quelli che non osano spingersi fino a paventare una «dittatura sanitaria». Come se il metodo liberale non prevedesse come unico limite alla libertà dell'individuo la libertà degli altri. E quale limite più grande alla libertà di una persona si può immaginare se non la malattia e la morte?
In tempo di guerra guerreggiata non è illiberale
costringere i cittadini nei rifugi o al fronte. In tempo di guerra sanitaria non è illiberale richiedere un certificato vaccinale in alcuni contesti. E pazienza se sui social prevale il pensiero avverso.*senatore di Forza Italia
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