Questa volta non basta «un poco di zucchero» per mandare giù «la pillola» della sugar tax che, se approvata, metterebbe a rischio 5mila posti di lavoro. Un conto decisamente salato per una tassa che, nelle intenzioni del governo, dovrebbe portare a un gettito di poco più di 200 milioni di euro. Lo spiega al Giornale David Dabiankov, direttore generale di Assobibe, l'associazione di Confindustria delle imprese produttrici di bevande analcoliche che, in Italia, generano un valore complessivo di 4,9 miliardi. «La combinazione di plastic e sugar tax mette a rischio bilanci, posti di lavoro e investimenti», commenta Dabiankov che sottolinea poi come l'apertura dell'ennesimo fronte di incertezza normativa potrebbe allontanare dal nostro Paese numerosi progetti industriali. «Una pmi su venti vedrebbe gli utili trasformarsi in perdite nel giro di un anno dall'entrata in vigore della normativa», spiega il manager. Più in dettaglio Assobibe stima un aumento del 20% dei costi che porterebbe, a sua volta, a un'impennata dei prezzi sullo scaffale e a un ulteriore calo delle vendite del 15% di cui la gran parte riconducibile alla introduzione della sugar tax. Un balzello che Dabiankov definisce «contraddittorio, dannoso e inutile».
La manovra, prosegue il manager, «punta a tassare dieci cent al litro chinotti e cedrate ma non, ad esempio, gli aperitivi leggermente alcolici o le birre analcoliche, per non parlare degli alcolici o di qualsiasi altro prodotto alimentare contenente zucchero». Secondo il direttore generale di Assobibe, «pur motivando l'imposta come misura per ridurre i consumi di zuccheri e, di conseguenza, il rischio sovrappeso, il legislatore tasserebbe nella stessa misura le bibite zuccherate e dolcificate con edulcoranti, un controsenso».
Dabiankov spiega come l'idea della tassa sui soft drink sia stata mutuata da esperienze in Paesi come il Messico, l'Arabia Saudita e il Cile dove le abitudini alimentari sono decisamente diverse dalle nostre. «Ma persino Danimarca e Finlandia hanno abolito la sugar tax dopo un breve periodo di rodaggio in quanto è risultata più dannosa per l'economia che utile», sostiene il manager. Quanto all'Italia, ricorda il direttore generale di Assobibe, le vendite di bevande zuccherate sono crollate del 25% nell'ultimo decennio e non costituiscono un pericolo per la salute pubblica se si considera che solo 1% delle calorie assunte (0,6% nei bambini) è riconducibile ai soft drink. L'introduzione di una tassa su cole, aranciate e cedrate avrebbe quindi un effetto sostanzialmente nullo nella lotta alle malattie legate a obesità e sovrappeso.
Non solo. Anche sul fronte del gettito fiscale l'introduzione di un simile balzello avrebbe ben pochi effetti visto che la probabile diminuzione delle vendite di soft drink farebbe volatilizzare 100 milioni di Iva. E questo comunque sarebbe il meno, considerando l'impatto potenziale sulle attività di un settore che vale lo 0,29% del Pil.
«Il balzello è stato pensato probabilmente per una supposta facilità di raccolta del gettito e senza averne considerato adeguatamente le ripercussioni economiche e sociali», conclude il manager che auspica un cambio di rotta del governo prima della approvazione definitiva della legge di Bilancio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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