Sono ormai passati i tempi in cui le associazioni imprenditoriali durante le campagne elettorali organizzavano veri e propri talk show per vagliare l'aderenza delle proposte di partiti e coalizioni alle esigenze di ciascuna categoria. Insomma, non ci sarà un'altra Vicenza 2006 con cui il Cavaliere si «riprese» una Confindustria che sbandava a sinistra. Nel 2022, invece, sono le stesse associazioni a inviare le proprie proposte a partiti e coalizioni per indirizzare il confronto con il nuovo Parlamento.
Ieri è stata la volta di Abi (Associazione bancaria italiana), Confimi Industria e Anfia (filiera dell'auto). La «Confindustria delle banche», presieduta da Antonio Patuelli, ha chiesto al prossimo governo di impegnarsi «realizzare pienamente una vera Unione bancaria europea». Sul versante tecnico si vuole promuovere una modifica delle normative che, soprattutto, penalizzano gli investimenti in titoli di Stato. In primis, tuttavia, si punta a una flessibilizzazione delle norme sulle sofferenze che obbligano le banche ad accantonamenti periodici.
L'Abi ha fatto inoltre notare che «la produttività, in particolare quella totale dei fattori, in Italia è ancora insoddisfacente nella comparazione internazionale». In particolare, sono necessarie «politiche economiche mirate» per dare nuovo slancio alla competitività delle imprese anziché «interventi a pioggia». Soprattutto si chiede un taglio del cuneo fiscale e una disciplina del lavoro meno rigida sia per le entrate che per le uscite. Occorrono, inoltre, politiche per «rafforzare la crescita», per il «contrasto dell'inflazione» e certezze sulla tutela del risparmio.
Di diverso tenore le rivendicazioni di Paolo Agnelli, imprenditore e presidente di Confimi Industria. «Siamo nel mezzo di un'emorragia industriale», ha sottolineato stigmatizzando «l'assalto all'industria italiana» sottoforma di delocalizzazioni, marchi del Made in Italy acquistati da grandi gruppi internazionali e «politiche economiche che hanno indebolito le nostre aziende sul piano concorrenziale». La situazione è nota. «Le nostre aziende pagano il più alto costo dell'energia in Europa da ben prima del conflitto russo-ucraino, sono tartassate da imposte dirette, indirette, da costi di produzione indeducibili: di tutte queste faccende dovrà occuparsi il prossimo governo», ha sottolineato Agnelli chiedendo anche un taglio del cuneo fiscale e contributivo.
Più complesso il manifesto pubblicato ieri dall'Anfia (l'associazione delle imprese della filiera automotive). Si tratta di un settore che nel suo complesso (inclusi i servizi) dà lavoro a 1,23 milioni, realizza 335 miliardi di fatturato (19% del Pil) e garantisce 76,3 miliardi di gettito fiscale. La principale richiesta dell'organizzazione guidata da Paolo Scudieri è l'accompagnamento verso la transizione green in modo che si possano creare le condizioni per aumentare la produzione annua a circa un milione di veicoli. Ma per ottenere questo scopo nei prossimi 5 anni il governo dovrà mettere in campo un «fondo» ad hoc, con una politica di attrazione degli investimenti, incentivi per le aggregazioni e soprattutto misure strutturali contro il caro energia. Ma, soprattutto, garantendo la riqualificazione di coloro che resteranno esclusi dal cambiamento.
Queste tre differenti serie di richieste si rivolgono a tutti gli schieramenti.
Ma dovrebbero suonare abbastanza familiari al centrodestra (soprattutto considerando che centrosinistra e flessibilità del lavoro non fanno rima) che in questi anni ha guardato con attenzione a tutte queste problematiche e che ora deve mettere in campo strategie efficaci.
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