L'indagine sul presunto dossieraggio alla Dna torna alla Procura di Roma, dove tutto era nato, dopo una denuncia dell'ex ministro della Difesa Guido Crosetto. Anche i tempi dell'inchiesta si allungheranno in modo non prevedibile. A distanza di quasi un anno dalla scoperta di quello che il procuratore di Perugia Raffaele Cantone aveva definito «un verminaio», e il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo «un mercato clandestino delle informazioni riservate», si torna indietro. Il gip di Perugia ha accolto l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla difesa dell'ex magistrato antimafia Antonio Laudati. «È andata come auspicavamo, il giudice naturale è Roma», spiega il legale Andrea Castaldo, sulla base di una sentenza della Cassazione che stabilisce la competenza di Roma per le toghe della Dna.
Ma è al Riesame di Perugia che ora pende la decisione più attesa. Martedì i giudici dovranno esprimersi sull'arresto del principale indagato, il finanziere Pasquale Striano, e dello stesso Laudati. Striano è accusato di aver scaricato migliaia di file dalle banche dati riservate della Dna e della Guardia di Finanza, per ragioni estranee all'antimafia. Le ricerche avrebbero riguardato quasi duecento personaggi noti, tra cui politici, quasi tutti di centrodestra. Su di loro Striano avrebbe fatto ricerche illegittime scaricando informazioni personali, patrimoniali e finanziarie, e le avrebbe inviate a tre cronisti del quotidiano Domani, indagati. I giornalisti con quei documenti avrebbero pubblicato almeno 57 articoli. Tutto era nato da un esposto di Crosetto dopo un articolo contenente dettagli delle sue consulenze per Leonardo prima di diventare ministro. «Una goccia nel mare», rispetto a quello che poi è emerso dalle indagini, aveva detto Cantone. Si parla di almeno 200mila file scaricati da Striano tra il 2019 e il 2022. Numeri «mostruosi», aveva commentato lo stesso procuratore. Così elevati da porre ai pm l'interrogativo se abbia agito per conto di qualcuno, ritenendo «inverosimile che Striano abbia agito solo per compiacere i giornalisti». Toccherà alla Procura di Roma proseguire. Per le difese la trasmissione degli atti nella Capitale apre alla possibilità che Laudati possa chiedere di farsi interrogare, mentre a Perugia aveva deciso di non rispondere. E che reiteri la richiesta di farsi sentire in commissione Antimafia per dire la sua. Richiesta respinta mesi fa da Palazzo San Macuto visto il parere contrario di Perugia. «L'esposizione mediatica sulla vicenda non ha favorito la genuinità delle indagini - spiega Castaldo - con continue fughe di notizie. La valutazione politica dei fatti non ha contribuito a fare chiarezza».
Resta il giallo sul senatore M5s, Federico Cafiero de Raho (non indagato) oggi vice presidente della stessa commissione che sta indagando parallelamente all'autorità giudiziaria. Ma all'epoca di una parte delle ricerche di Striano, era lui il Procuratore nazionale antimafia.
Il suo ex aggiunto di allora, Giovanni Russo, ai pm ha dichiarato che aveva avvertito Cafiero di presunti comportamenti anomali di Striano. De Raho nega, accusando il suo ex collega di mentire. Ora la palla passa a Roma.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.