Incubo Covid, il diversivo di Xi: 71 caccia a minacciare Taiwan

Risposta ai 10 miliardi dati dagli Usa per le difese di Taipei. E richiamo patriottico per l'ecatombe del virus

Incubo Covid, il diversivo di Xi: 71 caccia a minacciare Taiwan

Settantuno aerei da combattimento e sette unità navali militari nell'arco di 24 ore intorno a Taiwan: è l'esercitazione (ma sarebbe più corretto parlare di incursione, visto che 47 di quegli aerei hanno intenzionalmente varcato la linea mediana nello stretto che divide i due Stati cinesi) più massiccia mai ordinata da Xi Jinping per intimidire la piccola Cina nazionalista di Taipei. Quella Taiwan che Pechino pretende debba essere «riannessa alla madrepatria» (ma in realtà conquistata a forza e soprattutto contro la volontà dei suoi 24 milioni di abitanti) e che invece, consapevole delle gravi minacce che la Cina comunista rivolge alla sua indipendenza di fatto, si sta sempre più apertamente avvicinando ai suoi protettori statunitensi.

Nel contingente, lo sfoggio di forza militare cinese sembra avere un duplice significato. Da una parte, rappresenta una risposta allo stanziamento americano di dieci miliardi di dollari destinati al potenziamento e all'ammodernamento delle difese aeree taiwanesi nel corso del 2023 che sta per cominciare; dall'altra, può essere letto come un modo scelto da Xi per mantenere alto lo spirito patriottico dei cinesi in una società messa a durissima prova dall'esplosione tardiva dell'epidemia di Covid: il classico trucco dei dittatori di ogni tempo, alimentare tensioni all'esterno per cercare di ridurre le pressioni sociali interne.

Con un quinto della popolazione (oltre 250 milioni di cinesi) stimata ormai vittima del contagio dopo l'allentamento dei ferrei controlli che per tre anni avevano contenuto l'espansione del Covid, Xi è dovuto correre ai ripari: ha deciso di non far più diffondere dati statistici su contagi e morti, e di puntare sulla responsabilizzazione dei cittadini. Lo stesso presidente ha annunciato, oltre allo stop dall'8 gennaio della quarantena obbligatoria per chi arriva dall'estero, «una nuova linea di difesa sociale», «campagne patriottiche sanitarie più mirate» che prevedono «l'organizzazione e la mobilitazione delle masse, lo sviluppo di buone abitudini di igiene personale e la pratica di uno stile di vita civile e sano». È il riconoscimento che fino a oggi in troppe aree della Cina queste regole di civiltà non sono state osservate, ma anche la conferma del fallimento delle campagne di vaccinazione, con la prevenzione che dovrà prima di tutto affidarsi a una maggiore attenzione alla pulizia.

I militanti comunisti saranno quindi chiamati a gestire in tutto l'enorme Paese un'altra forma di controllo sociale in ambito sanitario, dopo che il dilagare delle proteste contro i continui lockdown di massa aveva costretto i vertici a Pechino a rinunciare alla strategia «Covid zero». Mostrare i muscoli a Taiwan e agli Stati Uniti serve dunque anche a distrarre l'attenzione da problemi reali interni, che tra l'altro si sommano a crescenti difficoltà economiche e all'aumento della disoccupazione in Cina.

Con la sua incursione nello Stretto di Taiwan, Xi non soltanto risponde a Joe Biden per il riarmo che consente a Taipei, ma anche per l'annunciato invito a unità navali taiwanesi a partecipare nel 2024 alle grandi esercitazioni Rimpac organizzate dalla Marina militare degli Stati Uniti, il cui obiettivo è serrare i ranghi dell'alleanza filoccidentale che promuove la sicurezza nell'Indo-Pacifico. Fumo negli occhi per Pechino, che legge tutto questo come un ostacolo alla sua volontà di espansione regionale e globale, a braccetto con Vladimir Putin.

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