Il tanfo delle carcasse in decomposizione delle vacche ammucchiate ai crocicchi delle strade ammorba le vie di Ahmedabad, la città più grande dello Stato di Gujarat, India nord-occidentale, dove sono nati il primo ministro Narendra Modi e il Mahatma Gandhi prima di lui. I cani si avventano sulle carogne, mentre gli abitanti guardano attoniti alla protesta di chi dovrebbe occuparsi di quegli animali: i dalit.
I paria, detti spregiativamente «intoccabili», vivono ai margini della piramide sociale indiana, costituendo il livello più basso del sistema delle caste, formalmente abolito nel 1950, ma ancora in vigore nella vita di tutti i giorni. A loro, come da tradizione, spettano i lavori più degradanti e umili, come la raccolta manuale degli escrementi dalle case dei ceti sociali più alti o, appunto, lo smaltimento delle carcasse delle vacche. L'animale è considerato sacro dalla religione induista, nella maggior parte degli Stati non può essere ucciso per legge e solo i fuori casta, considerati impuri, possono toccare l'animale morto, lavorandone la pelle e il grasso.
I dalit sono entrati in sciopero due mesi fa, dopo che sette giovani paria sono stati aggrediti, spogliati e presi a bastonate a metà luglio con l'accusa di avere ucciso e scuoiato una vacca. Gli assalitori facevano parte di uno dei tanti gruppi di gau rakshaks, protettori delle vacche composti soprattutto da nazionalisti indù, aumentati dopo che è salito al potere il partito di governo Bjp (Bharatiya Janata Party) del premier Modi. Un video dell'attacco è stato diffuso su internet scatenando un putiferio. La protesta degli «intoccabili» è esplosa non solo perché si è scoperto che era stato un leone ad aver ucciso l'animale, ma anche perché i dalit si stavano semplicemente dedicando alla lavorazione della pelle della vacca, lavoro da secoli affidato loro proprio dagli indù.
Jignesh Mevani, 35 anni, avvocato e attivista, è il leader della protesta. Ad agosto ha stupito tutti portando in piazza oltre ventimila dalit, che hanno depositato vicino e davanti gli uffici dell'amministrazione locale decine di carcasse di vacche. Ma non si è fermato. Dopo aver annunciato per il primo ottobre l'intenzione di bloccare con diecimila persone l'intera linea ferroviaria, per venire incontro alla politica ha trasformato il boicottaggio in una grande manifestazione di piazza. Infine, ha cancellato anche il raduno dal momento che lo Stato ha promesso di sedersi al tavolo con lui per discutere una lista di 11 richieste.
Se il governo ha accettato di trattare con i paria è perché l'anno prossimo si terranno le elezioni legislative nel Gujarat e in altri Stati dove la presenza dei dalit è consistente. Il premier Modi si è sempre presentato come un difensore degli «intoccabili» e vuole guadagnarsi i loro voti. I paria costituiscono il 16,6 per cento della popolazione indiana, circa 200 milioni di persone. Nel Gujarat, invece, costituiscono il 7 per cento della popolazione, circa quattro milioni di abitanti.
Il leader della protesta, Mevani, chiederà soprattutto due cose al governo: la fine dell'oppressione di casta e due ettari di terra per ogni famiglia discriminata. Se non otterrà risposte soddisfacenti, è pronto a tornare nelle strade. Le violenze contro i dalit sono aumentate del 44 per cento tra il 2010 e il 2014, secondo dati forniti dallo Stato, e il 27 per cento degli indiani li discrimina regolarmente. «I nostri fratelli dalit sono stati umiliati solo per aver svolto il loro lavoro», ha dichiarato all'Afp Somabhai Yukabhai, paria di 49 anni.
«Preferisco morire piuttosto che raccogliere un'altra carcassa di vacca. Ci battiamo per la nostra dignità ora e siamo pronti a lottare a lungo. Siamo stufi di essere attaccati ingiustamente. Questo volta non ci piegheranno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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