Intercettazioni, arresti e gogna, quelle analogie choc tra Toti e il caso Legnano

La Liguria e un precedente inquietante: le accuse contro Fratus e la sua giunta

Intercettazioni, arresti e gogna, quelle analogie choc tra Toti e il caso Legnano
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Intercettazioni che non si potevano fare, e che vengono stravolte, interpretandole al contrario di quello che dicono. Un politico eletto a pieni voti che viene spedito agli arresti domiciliari, distruggendone la carriera. La storia dell'indagine della Procura di Busto Arsizio denominata crudelmente «Piazza Pulita» andrebbe forse studiata a fondo per capire anche quanto oggi accade a Genova nell'inchiesta sulla Regione. Perché nel 2019 anche quell'indagine venne lanciata con fragor di stampa. Eppure oggi finisce in nulla, con le motivazioni che la demoliscono alle fondamenta. Ma che non restituiscono agli assolti «cinque anni di agonia», come li definì il giorno dell'assoluzione l'ex sindaco di Legnano Gianbattista Fratus (nella foto).

La sentenza di assoluzione piena è stata pronunciata dalla Corte d'appello di Milano il 20 gennaio scorso, e già lì si capiva che per i pm era un disastro: tutti assolti, Fratus, l'ex assessore Chiara Lazzarini, l'ex vicesindaco Maurizio Cozzi che si era fatto anche due mesi di carcere. Ma ora la Corte deposita le motivazioni, e sono pagine sconcertanti. La leggerezza con cui i tre esponenti del centrodestra vennero accusati di turbativa d'asta e corruzione elettorale (lo stesso reato oggi attribuito a Giovanni Toti dalla Procura di Genova) viene sottolineata più volte.

Una delle accuse riguardava avere favorito la scelta per una consulenza di un commercialista locale, tale Gabriele Abba. L'accusa già era singolare, visto che Abba non fece neanche domanda ritenendo risibile il compenso. Ma ora la Corte d'appello spiega che la turbativa d'asta è un reato che si applica agli appalti, non alle assunzioni: e a dirlo è una sfilza di sentenze di Cassazione. I pm hanno interpretato la legge a modo loro, ma non è così che si fa giustizia: «qui non si tratta di precisare ma di cambiare il senso della norma».

Ancora peggio è quanto accade con le intercettazioni che secondo i pm dimostrano che Fratus avrebbe ottenuto l'appoggio di un altro candidato, al ballottaggio per la conferma a sindaco, in cambio della nomina della figlia in una municipalizzata (a stipendio zero, peraltro). Alla base c'erano intercettazioni effettuate per un reato diverso, e quindi inutilizzabili, che l'accusa ha cercato di fare entrare nel processo usandole per interrogare la Lazzarini. Invece «avrebbero dovuto essere del tutto espunte» anzichè «essere usate per sottoporre ad esame un'imputata», con l'«effetto altamente inaccettabile ed illegittimo di fare rientrare nel materiale istruttorio a mezzo di uno scorretto escamotage la prova illegalmente introdotta in dibattimento». Ma il problema non è solo lo «scorretto escamotage»: è che quelle intercettazioni, usate come prova d'accusa grazie «solo a un elevatissimo tasso di inaccettabile ragionamento presuntivo», in realtà dimostravano l'innocenza degli indagati.

«Il secondo colloquio captato dalla viva voce di Fratus è assai rilevante» non come prova di colpevolezza «bensì a discarico del prevenuto», che «avrebbe vinto la competizione anche senza alcun appoggio». Ma lo arrestarono, e in Comune sbarcò la sinistra.

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