Intercettazioni, Csm e abuso d'ufficio: si cambia. Allarme di toghe e Anac, sinistra sulle barricate

Dopo le audizioni in commissione oggi si apre l'iter tra Camera e Senato

Intercettazioni, Csm e abuso d'ufficio: si cambia. Allarme di toghe e Anac, sinistra sulle barricate
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«Dove eravamo rimasti?». Enzo Tortora, la vittima più illustre della malagiustizia che miete innocenti senza che nessuno paghi, quando tornò in Rai dopo la gogna provò con queste parole a ricucire lo strappo con i suoi telespettatori. Come se nulla fosse.

E così è ripartito lo scontro sulla riforma della giustizia: avvocati da una parte, magistrati dall'altra. Forcaioli contro garantisti. Nessuna sintesi, nessuna possibile ricucitura. Nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera e del Senato si annuncia in salita il cammino della riforma ordinaria della giustizia (relatori il vicepresidente azzurro Pietro Pittalis e la deputata Sara Kelany di Fdi), si annuncia durissimo - come sul muro di Huy alla Freccia Vallone - l'arrivo della riforma costituzionale, con la separazione delle carriere che ricompatta (per motivi diversi, ma tant'è) una magistratura dilaniata. Persino la corrente moderata di Mi teme le insidie «dietro l'ingannevole etichetta della separazione delle carriere dei giudici e dei pubblici ministeri». Per il segretario di Magistratura indipendente Angelo Piraino l'eventuale approvazione del disegno di legge nel suo testo attuale «condurrebbe a un estremo indebolimento del Csm» e rischierebbe di «assoggettare al potere politico tutti i magistrati» con l'abolizione dell'articolo 107, terzo comma, che vieta di prevedere gerarchie tra i magistrati.

In commissione Senato si cerca la sintesi sulle migliaia di intercettazioni (oltre 95mila nel 2021), dopo la stretta invocata dal Guardasigilli Carlo Nordio e l'apertura ai trojan per alcune ipotesi di criminalità grave, voluta dalla premier Giorgia Meloni, nell'ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, su indicazione del Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, per arginare potenziali effetti dirompenti (ma non retroattivi) su processi in corso dopo la sentenza 34895/2022 della Cassazione sulla nozione di «criminalità organizzata».

Si va verso quattro server «interdistrettuali» e centralizzati per la loro conservazione (dopo le storture denunciate proprio in commissione, tra attacchi hacker, privacy a rischio e possibile contaminazione delle prove), ma resta il problema del filtro preliminare per evitare che finiscano sui giornali fatti e persone estranee alle indagini, sebbene per chi violerbbe questi divieti secondo le Camere penali le sanzioni sarebbero «inadeguate». «Ma così si altera un equilibrio già raggiunto tra diritto alla riservatezza nel processo e all'informazione che è quello della rilevanza. Se l'intercettazione è trascritta nella perizia perché mai non dovrebbe poter essere pubblicata?», si è chiesto ieri il leader Anm Giuseppe Santalucia in commissione Giustizia al Senato, a cui ha risposto Enrico Costa di Azione, contrario alla giustizia mediatica: «Perché interessa tanto ai magistrati che le intercettazioni vengano pubblicate? Rafforzano le loro inchieste? Pronunciano sentenze anticipate? La luce dei riflettori?».

Forza Italia non molla sull'abuso d'ufficio, come ha ribadito ieri Pierantonio Zanettin («serve l'abolizione totale»), anche Nordio è convinto che sia un reato troppo vago, rimaneggiato più volte (l'ultima nel 2020) e con pochissime condanne.

L'Anm è divisa, per Franco Coppi «toglierlo vorrà dire che i Pm procederanno per corruzione», i sindaci fanno spallucce ma sotto sotto tifano perché venga cancellato, al netto dei distinguo sulle «modifiche necessarie» del presidente Anci Antonio Decaro, mentre M5s e Pd suonano la grancassa: così si favoriscono i corrotti perché è un reato spia per la Pubblica amministrazione, come sostiene anche il presidente dell'Anac Giuseppe Busia che parla di potenziali «gravi vuoti normativi» che ci allontanano dall'Europa. Come se la malagiustizia non fosse la mamma di tutte le bacchettate che la Corte europea dei diritti dell'uomo ci infligge.

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