Intercettazioni, ora è allarme. "I trojan creano false prove"

L'esperto denuncia i rischi dei software installati nei cellulari. Zanettin (Forza Italia): "È come la Stasi"

Intercettazioni, ora è allarme. "I trojan creano false prove"

«I trojan possono manipolare i dispositivi in cui sono inoculati, creando potenziali false prove». L'allarme lanciato sul Giornale dal consulente delle Procure Gioacchino Genchi trova nuove conferme. A prospettare nuovamente questo scenario inquietante nei giorni scorsi è stato Paolo Reale, esperto di informatica forense specializzato nei captatori che ha relazionato alla Commissione Giustizia del Senato. Secondo l'esperto «alcuni trojan accendono e spengono il microfono e registrano, possono scattare foto e video, possono entrare nella messaggistica anche istantanea e nel gps» di ognuno dei circa 130mila bersagli intercettati ogni anno. «La possibile manipolazione arriva secondo Reale «da problematiche tecniche non gestite adeguatamente» dalle società a cui si affidano le Procure. Sembra di sentire ciò che Genchi disse il 7 agosto scorso: «Con i trojan è stata fatta carne da macello e sono state violate innumerevoli norme processuali, che rendono tutt'altro che genuine quelle acquisizioni», potenzialmente inutilizzabili.

Un pericolo che il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin denuncia da tempo. «Nel 2017, quando era stata introdotta la possibilità di usare i trojan per reati come la mafia e il terrorismo si era detto: Bene, ma monitoriamo questi software. Oggi non solo non sappiamo quanti abusi un mezzo di investigazione così delicato ed intrusivo ha realizzato, non sappiamo quanti trojan attivi ci sono né per quanto tempo lo siano stati», dice l'ex membro del Csm al Giornale. «Meno cautele non significa comprimere i diritti», ribadisce Zanettin, che accusa i precedenti governi di «inaccettabile inerzia, a cui a questo punto dovrà supplire la commissione Giustizia» per modificare la normativa, anche perché persino il Guardasigilli Carlo Nordio vuol riformare questa «porcheria».

L'intercettazione via trojan, inizialmente prevista per mafia e terrorismo, è stata poi allargata a reati come la corruzione su spinta dei Cinque stelle. «Alcuni esponenti M5s come l'ex pm Roberto Scarpinato vagheggiano una società di microfonati soggetti al controllo di uno Stato di polizia. La Stasi, praticamente...», sottolinea Zanettin. È già successo che la polizia giudiziaria intercettasse persino un legale mentre spiegava le strategie difensive agli assistiti, trascrivendone le conversazioni, quasi a ipotizzarne un possibile utilizzo. E il Csm, pur sapendo che erano illegali, ha fatto spallucce. «L'idea che un mezzo per la ricerca di una prova diventi a sua volta una prova è inaccettabile», commenta un legale finito indebitamente sotto controllo.

Ma persino alcune intercettazioni di mafia sarebbero a rischio ammissibilità. Nelle scorse settimane si è saputo del pentimento di Raffaele Imperiale, detto Lelluccio Ferrarelle, tra i più importanti trader di cocaina dal Sud America. Il pentimento arriva dopo che il boss è stato inchiodato dalla decriptazione di software come Encrochat e Sky Ecc che non hanno protetto come speravano i telefonini di alcuni crypto narcos che trattavano con lui per spostare 900 milioni di euro di droga tra Europa, Australia e Sud America. I criteri con cui queste conversazioni sono state acquisite, in spregio al diritto alla difesa, hanno innescato una guerra di carte bollate per convincere i giudici sull'inutilizzabilità delle chat.

Poi c'è l'inevitabile ricaduta economica che le intercettazioni hanno sui malandati conti della giustizia italiana. Costano circa 215 milioni di euro, l'obiettivo è abbatterne almeno il 7-10%. Per questo è stato da poco pubblicato il listino - che il Giornale ha potuto consultare - che fissa il prezzo unico a livello nazionale di intercettazioni telefoniche e captatori informatici, previsto entro il 2017 dalla riforma dell'ex Guardasigilli Pd Andrea Orlando ma arrivato solo il 15 dicembre scorso. Spiare telefonate, sms e videochiamate costerà al massimo 3 euro al giorno, sei euro se si prova a captare conversazioni che viaggiano su reti internet (Voice over ip, Skype e altri servizi), 8 euro per il 4G. Un lavoro fatto bene (accesso a contatti, lista chiamate chat di messaggistica) verrà pagato al massimo 150 euro al giorno. Il trojan vero e proprio nel costa 250. Una microspia verrà pagata fino a 120 euro, la sorveglianza fissa 70 euro, un breve video 100-150 euro.

Irrisolto o quasi il tema del trattamento e della conservazione dei dati, lasciati a un'autocertificazione e a una possibile verifica del ministero.

Le prime società di trojan avevano sede in Delaware (ci fu un'inchiesta della Procura di Roma di cui non si sa nulla), oggi alcune società si appoggiano a server Amazon, alcune addirittura sono di proprietà di società «scudate» in Svizzera di cui è impossibile sapere i reali titolari come la Waylog di Como che si è occupata delle indagini per la Strage di Erba. Queste sono le emergenze di cui dovrà occuparsi il Guardasigilli. Ma per i giornaloni il problema è riscrivere la riforma Cartabia.

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