Per i parlamentari una giornata di festa per lo scampato pericolo: una crisi di governo con probabili elezioni alle porte e, per molti di loro, addio per sempre al seggio parlamentare. Guardando Mattarella invece vedono la prosecuzione dello status quo, altri dodici mesi di stipendi e futura pensione (la maturano il prossimo 24 settembre), perciò si spellano le mani dagli applausi, più di uno al minuto - 55 applausi in 40 minuti per la precisione - durante il discorso del presidente. E anche lui del resto non sembra afflitto dal secondo gravoso incarico, di durata settennale, che pure aveva in tutti i modi spiegato di non voler fare. Dalle sue parole, e dal suo tono, invece traspare la gratificazione per essere stato richiamato per acclamazione più che il sacrificio, che invece era stato palese e dichiarato nel discorso del bis di Giorgio Napolitano (un vero atto di accusa alle forze politiche per l'incapacità di trovare un successore). Nel caso di Mattarella bis invece nessun rimprovero ai partiti che l'hanno costretto a restare al Quirinale mentre aveva «altri piani», il presidente è sorridente, sereno. Il capo dello Stato ha una buona parola per tutti i partiti, dosa con sapienza democristiana i passaggi del discorso e i temi per conquistare tutto l'arco costituzionale, da destra a sinistra (e persino, sembrerebbe, le frange complottiste del Misto quando dice che «poteri economici sovranazionali, tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico»).
Con una architrave retorica fatta di richiami talmente universali da non scontentare nessuno: il diritto allo studio, il «rispetto per gli anziani che non possono essere lasciati alla solitudine», il «sostegno ai processi di pace», la cultura «elemento costitutivo dell'identità italiana», il problema dei giovani «costretti in lavori precari e malpagati», il compito di costruire «un'Italia più moderna», la riconoscenza a medici e operatori sanitari.
Mattarella si fa presidente di tutti i partiti, nel senso che li accontenta uno per uno, toccando tutti i tasti del pianoforte politico. Le ali più giustizialiste del Parlamento (soprattutto il M5s) si uniscono al saluto che Mattarella invia alle «nostre Magistrature, elemento fondamentale del sistema costituzionale e della vita della nostra società». Ma subito dopo, rassicurando quelle più critiche sulla magistratura italiana (centrodestra ma anche renziani), Mattarella ricorda che «un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia. Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività» e che le correnti del Csm «devono rimanere estranee all'Ordine giudiziario». Applausi a sinistra quando ammonisce che «la nostra dignità è interrogata dalle migrazioni, soprattutto quando non siamo capaci di difendere il diritto alla vita», ma è contenta anche la destra quando sottolinea che «la nostra dignità ci impone di combattere, senza tregua, la tratta e la schiavitù degli esseri umani» (infatti Giorgia Meloni apprezza, osservando con ironia la «significativa discontinuità con il presidente precedente»). Viene ringraziato il governo Draghi, che sta «ponendo le basi di una nuova stagione di crescita sostenibile del Paese e dell'Europa». Ma con riguardo anche ai critici del governo per l'eccessivo ricorso ai decreti legge, perchè «è cruciale il ruolo del Parlamento, come luogo della partecipazione».
La sinistra applaude per i passaggi sulla «lotta alle diseguaglianze e alle povertà» e sull'«ambiente», a destra fa breccia l'apprezzamento per le forze dell'ordine «garanzia di libertà nella sicurezza». Una lunga serie di impegni per «costruire, in questi prossimi anni, l'Italia del dopo emergenza». Altro che mandato a termine, l'orizzonte del presidente è lungo sette anni.
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