Invio di truppe e fabbriche di armi. Ira dei volenterosi su Parigi e Londra

Starmer e Macron accelerano tra le perplessità

Invio di truppe e fabbriche di armi. Ira dei volenterosi su Parigi e Londra
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Il carro dei volenterosi ridotto a un risciò anti-Putin. L'Ucraina usata come business park. La macchina franco-britannica avanza in barba alla collegialità europea. E il presidente finlandese Stubb alza la voce, ricordando in un'intervista a Die Welt che l'obiettivo principale dei 31 Paesi doveva essere il raggiungimento di un cessate il fuoco, che, pur non ponendo fine alla guerra, permetterebbe di monitorare la situazione attraverso soluzioni «tecniche», seguite da un accordo di pace e semmai da successiva stabilizzazione. Per Helsinki, come per Roma, Berlino, Varsavia e Stoccolma, la discussione sull'invio di truppe in Ucraina è prematura.

L'accelerazione di Parigi e Londra prosegue invece nonostante il disaccordo: a Kiev questa settimana hanno inviato il generale francese Thierry Burkhard e l'ammiraglio britannico Tony Radakin. Zelensky elogia i «progressi tangibili» e i dettagli «su come potrebbe essere schierato un contingente di sicurezza dei partner». I capi di stato maggiore di Francia e Gran Bretagna hanno discusso con l'omologo ucraino Syrsky e il ministro della Difesa Umerov. Zelensky pensa «che le squadre abbiano bisogno di circa un mese (per preparare il piano, ndr), non di più». E annuncia riunioni militari «ogni settimana». Stubb ha chiesto invece di riaprire la comunicazione con la Russia. Il premier britannico Starmer ha bocciato ogni apertura, allo stato attuale. E dopo l'invio della task force a Kiev, Downing Street parla di «buoni progressi» sull'opzione militare dando conto della telefonata con Macron.

Per il Telegraph, l'inquilino dell'Eliseo sarebbe pronto a rappresentare l'Europa in eventuali negoziati con l'omologo russo, ma solo «quando arriverà il momento». Parigi vuol prima capire di cosa ha bisogno la truppa gialloblù, pensando a come (e dove) produrre munizioni e armamenti in loco per rifornire Kiev; altro che diplomazia. Il ministro degli Esteri Barrot dice che Putin «non vuole la pace» e Parigi si prepara a inviare soldati in città strategiche quantificando le aziende francesi pronte a installarsi per produrre armi: «Saranno tre». E avranno bisogno di protezione. Linea troppo legata al business del riarmo che non piace a buona metà dei volenterosi; è priva di quell'impegno diplomatico che doveva essere alla base del processo con cui Macron e Starmer avevano provato a calamitare le attenzioni occidentali. Pure Stoccolma ha chiesto «chiarimenti» all'Eliseo spiegando che l'invio di contingenti sarebbe impossibile senza gli Usa. Per Stubb, «ci sono altri modi per continuare a supportare l'Ucraina, le truppe non sono attualmente sulla nostra agenda». I ministri della Difesa «volenterosi» si riuniranno giovedì a Bruxelles. Ma le frizioni crescono.

E riprende quota l'ipotesi della premier Meloni di estendere l'articolo 5 della Nato all'Ucraina senza che il Paese ne faccia parte: «Non possiamo permetterci il lusso di escludere nessuna idea», ha detto il segretario generale Rutte.

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