Quando Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd epoca Renzi, venne indagato per finanziamento illecito i 5 Stelle festeggiarono, indicandolo come esempio di un sistema «marcio e macabro». Venerdì Bonifazi è stato assolto con formula piena.
Cosa direbbe ora ai 5 Stelle?
«Non furono solo i grillini alla cui inciviltà siamo tristemente abituati. Due anni fa, Carlo Calenda, presunto leader liberale, su Twitter utilizzò l'inchiesta per attaccarmi personalmente e politicamente, dimostrando un giustizialismo di basso livello pari a quello del M5S. Una sorta di Marco Travaglio che non ce l'ha fatta, insomma. Per non parlare dei giornaloni: paginate all'epoca dell'indagine, trafiletti il giorno dell'assoluzione. Questo Paese non ha ancora assimilato che la stella polare per avere un sistema giudiziario che davvero funzioni debba essere quella del garantismo».
I soldi del costruttore Parnasi alla fondazione Eyu non erano un finanziamento illecito. Cosa erano allora?
«No, non erano un finanziamento illecito e qui sta il rammarico principale, perché se il sistema funzionasse in maniera corretta io sarei dovuto essere archiviato durante le indagini. Invece si è dovuto attendere più di sei anni, provocando dolore e sperperando denaro pubblico per arrivare poi a un niente di fatto. L'unico risultato è stato distruggere Eyu, che era una fondazione straordinariamente effervescente sotto il profilo culturale, dove lavoravano sei ragazzi straordinari che hanno perso il lavoro».
Dopo Eyu è toccato a Open. Il sistema delle fondazioni vicine ai partiti andrebbe meglio regolamentato per evitare zone grigie?
«Guardi, più che alle norme, io guarderei a una straordinaria coincidenza, chiamiamola così: tutti gli amici di Matteo Renzi, i suoi parenti, sono stati indagati. Sono arrivati ad arrestare due anziani incensurati che avevano la colpa di essere i genitori di Matteo. E sono certo che anche l'inchiesta Open, una vergogna, finirà in un nulla di fatto: l'operato della procura di Firenze d'altronde è stato smontato da Cassazione e Corte Costituzionale. Più che regolamentare le fondazioni, cosa già fatta, la vera urgenza che vedo qui è una riforma della giustizia». Non esiste un problema di finanziamento della politica?
«Il finanziamento alla politica non avrebbe problemi in sé, anche se ci sono norme assolutamente obsolete: la norma che regola il finanziamento illecito è di cinquant'anni fa, e regola un sistema prevalentemente costituito sul contante. Oggi con le disposizioni del 2013 e 2014 tutto ciò non è più possibile, i partiti possono incamerare denari soltanto attraverso bonifici. Il tema della trasparenza e di tutti gli adempimenti previsti dalla legge del 1974 andrebbe rivisto perché già superato da sistemi elettronici tracciati e trasparenti di pagamento».
Ha avuto la sensazione che ci fosse prevenzione nell'azione della procura di Roma nei suoi confronti? La richiesta di due anni e otto mesi era giustificabile con l'andamento del processo?
«Non voglio parlare di ciò che intuisco ma di cui non ho prove ma posso dirle come ho saputo di essere indagato: dalla telefonata di un giornalista de Il Fatto Quotidiano. A lei pare una cosa normale, degna di un sistema civile? Quanto alla richiesta, durante il processo mi è stato cambiato il capo di imputazione: per la serie, non è provabile la prima accusa, proviamoci con la seconda. Tutto sulla pelle di una persona innocente».
Rifarebbe il tesoriere del Pd?
«Certo che sì, lo faccio attualmente per Italia Viva: le persone oneste non possono e non devono farsi fermare dal timore di un'inchiesta.
Penso però ai tanti innocenti che non hanno i miei strumenti per difendersi, la fortuna di aver incontrato professionisti e amici eccellenti come i miei avvocati, Angelo Nanni e Lorenzo Pellegrini, e finiscono in questo circuito mediatico giudiziario atroce. La giustizia va riformata, al più presto».
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