"Io a quell'incontro c'ero. Gheddafi gli pagò 20 milioni"

L'interprete del Colonnello: "Il faccia a faccia nel 2005. Sarkozy chiese aiuto. E ho visto la bozza dell'intesa"

"Io a quell'incontro c'ero. Gheddafi gli pagò 20 milioni"

Moftah Missouri è stato ambasciatore, responsabile del dossier Francia, consigliere di Gheddafi, poliglotta e interprete negli incontri più delicati. A cominciare da quello fra il Colonnello e l'allora ministro dell'Interno francese Nicolas Sarkozy durante la visita a Tripoli del 6 ottobre 2005. Le foto dell'epoca lo ritraggano in mezzo ai due leader intento a tradurre ogni parola. Professore, uomo elegante e di cultura, alto funzionario del regime libico, che non ha le mani sporche di sangue, Missouri è un testimone chiave del finanziamento alla campagna elettorale di Sarkozy. Oggi l'ex ambasciatore è a Tunisi dove il Giornale l'ha raggiunto via Whatsapp. Il testimone non si è tirato indietro raccontando tutto quello che ha visto, sentito e letto. Una conferma del finanziamento libico alla campagna presidenziale di Sarkozy con nomi e cognomi dei protagonisti dell'accordo.

Quando è stata la prima volta che ha sentito parlare di questa storia?

«Sono stato ambasciatore e responsabile del desk Francia. Nel 2005 quando Sarkozy era ministro dell'Interno ho tradotto l'incontro con Gheddafi a Tripoli».

Cosa si dissero?

«Fu Sarkozy a introdurre il discorso dicendo che era sua intenzione candidarsi alle presidenziali francesi. Gheddafi rispose che come amico non avrebbe esitato ad aiutarlo. Non parlarono di soldi, ma il concetto era chiaro. Gheddafi disse è un bene avere un amico come presidente francese. E sottolineò: Ti incoraggio e sono pronto ad aiutarti».

Come si è arrivati ai soldi?

«Dopo qualche tempo ho visto la bozza della lettera d'accordo per finanziare la campagna elettorale di Sarkozy sulla scrivania di Gheddafi. Non ricordo il giorno esatto, ma il mese sì. La data del documento era dicembre 2006. In calce aveva firmato Moussa Kussa (il potente capo dei servizi segreti libici per l'estero riparato in Qatar, nda) e la lettera era indirizzata a Gheddafi».

Cosa c'era scritto?

«Ricordo bene di aver letto che la cifra proposta era di 50 milioni di euro, ma poi Gheddafi decise di versare 20 milioni di dollari. I personaggi indicati da parte francese per la finalizzazione dell'accordo erano Brice Hortefeux (ex ministro, alleato politico e amico personale di Sarkozy anche lui interrogato due giorni fa, nda) e l'intermediario franco-libanese Ziad Takieddine (che ha ammesso di aver portato delle valigette con 5 milioni di euro a Sarkozy ed il suo entourage fra fine 2006 ed il 2007, dopo la lettera di Moussa Kussa, nda). Da parte libica si indicava Bashir Saleh (capo di gabinetto di Gheddafi, nda) e se non sbaglio Abdallah Senoussi (cognato del colonnello e capo dei servizi interni, nda). Non so come i soldi siano stati versati, ma queste persone dovevano occuparsene».

Come ha saputo che Gheddafi stanziò solo 20 milioni di dollari?

«Durante un'intervista alla vigilia dei bombardamenti della Nato nel marzo 2011, Gheddafi disse a una giornalista francese che aveva aiutato la campagna elettorale di Sarkozy. Alla domanda su quanti soldi avesse versato rispose che non si ricordava la cifra. Qualche giorno dopo Gheddafi mi rivelò che il contributo libico a Sarkozy era stato di 20 milioni di dollari».

Gheddafi non le confidò cosa pensava del cambio di fronte radicale di Sarkozy da amico a nemico?

«No, a parte qualche dichiarazione alla stampa sul fatto che aveva problemi mentali. Probabilmente, ma è una mia analisi, Sarkozy era rimasto sbalordito della mancata realizzazione di diversi contratti con la Libia (anche in campo energetico, nda) firmati durante la visita di Gheddafi a Parigi (nel dicembre 2007 dopo l'elezione all'Eliseo, nda), dove fu accolto con tutti gli onori».

I ribelli volevano il colonnello vivo, ma fa

ucciso durante la cattura. Cosa ne pensa?

«Non ho informazioni dirette, ma molti in Libia pensano che sia stato un agente dei francesi infiltrato a premere il grilletto. Così non avrebbe potuto raccontare tante cose».

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